Inceneritori e salute: provocano il cancro e malattie respiratorie

inceneritore zurigo inceneritori e salutedi Romina Malizia

Dopo uno splendido viaggio in Svizzera ho riflettuto sulla presenza degli inceneritori nelle nostre città, a Zurigo ne è presente uno proprio al centro della cittadina. In Europa, Italia, USA, ovunque vengono costruiti i mostri inquinanti, non fanno altro che avvelenarci lentamente. Respiriamo diossine, la pelle l’assorbe, oppure le ingeriamo tramite gli alimenti. Ma cosa provocano al nostro DNA? Quali malattie genera nel nostro organismo la presenza dell’ inceneritore? E’ molto interessante leggere l’approfondimento di Greenpeace, sconvolge il fatto che nessuno si ribella e conviviamo tranquillamente con gli artefici delle nostre sofferenze e morte. Di questo passo andremo in giro con una maschera antigas…..

Stato delle conoscenze sugli effetti degli inceneritori dei rifiuti  sulla salute umana.

http://www.greenpeace.it/inquinamento/incenerimentoesalute.pdf

“Dopo che le sostanze inquinanti provenienti da un impianto di  incenerimento si disperdono nell’aria, alcune persone vicine  all’impianto potrebbero essere esposte direttamente attraverso  l’inalazione o indirettamente attraverso il consumo di cibo o d’acqua  contaminati a seguito della deposizione sul suolo, sulla vegetazione  e nell’acqua dei composti immessi in atmosfera. Per i metalli ed altre  sostanze inquinanti che persistono nell’ambiente, gli effetti potenziali  possono estendersi oltre l’area vicina all’inceneritore. Infatti, i  composti persistenti possono essere trasportati lontano dalle fonte  di emissione, attraversare differenti trasformazioni chimiche e  fisiche, e passare diverse volte attraverso il suolo, l’acqua ed il cibo.”

National Research Council (2000)

La gestione dei rifiuti urbani ed industriali sta diventando un problema sempre più  preoccupante in tutto il mondo. Mentre la produzione dei rifiuti continua ad  aumentare, in Europa vengono imposte nuove rigorose restrizioni sulla quantità di  rifiuti che possono essere conferiti in discarica. Allo stesso tempo, negli ultimi anni  molti impianti di incenerimento sono stati chiusi grazie all’applicazione di limiti più  severi sulle emissioni atmosferiche. In Europa, tutti gli inceneritori dovranno adattarsi  ai nuovi standard imposti con una recente bozza di direttiva dell’Unione Europea. Fortunatamente, esistono soluzioni alternative per risolvere la crisi dei rifiuti secondo un’ottica a lungo termine. Prima di tutto, questo significa la realizzazione di strategie  di prevenzione ed in connessione il riuso ed il riciclaggio dei rifiuti. Tuttavia, c’è una  tendenza sempre più crescente di pianificare e di costruire nuovi impianti  d’incenerimento nel tentativo di fornire una “rapida” soluzione alla crisi dei rifiuti. Gli  inceneritori sono considerati in modo favorevole, perché si pensa che diminuiscano  di un decimo il volume dei materiali introdotti e quindi riducano il volume dei rifiuti che  viene conferito in discarica.  Gli inceneritori, in ogni caso, sono impianti discutibili in termini del loro potenziale  impatto sull’ambiente e sulla salute umana, nonché sulla base di valutazioni  economiche che non favoriscono questa tecnologia. E’ noto che emettono numerose  sostanze tossiche in atmosfera e producono ceneri ed altri residui. A seguito delle  forti preoccupazioni, il governo delle Filippine ha intrapreso una serie di misure  sull’incenerimento dei rifiuti. Dietro la forte opposizione pubblica a questi impianti, nel  1999 la Legge sull’Aria Pulita delle Filippine ha bandito l’incenerimento dei rifiuti  urbani, ospedalieri ed altri rifiuti pericolosi. Sono incentivati la riduzione, il riuso ed il  riciclaggio mentre tecnologie senza combustione sono promosse per quei rifiuti che  hanno bisogno di qualche forma di trattamento. Nel frattempo, alcuni governi europei  stanno chiedendo la costruzione di ulteriori impianti d’incenerimento.

INCENERITORI-GENERATORI DI RIFIUTI

È opinione comune pensare che le cose scompaiono quando sono bruciate. In realtà la materia non può essere distrutta, essa semplicemente cambia forma. Questo può essere esemplificato dall’osservazione del destino di alcune sostanze, presenti nei rifiuti solidi urbani (RSU), che sono inceneriti in impianti dedicati. Gli impianti di RSU sono tipicamente alimentati da rifiuti misti che contengono sostanze pericolose, come metalli pesanti e sostanze organiche clorurate. In seguito all’incenerimento, i metalli pesanti presenti nei rifiuti solidi in entrata sono emessi dai camini degli inceneritori insieme ai gas di ciminiera, in associazione con piccole particelle solide e si ritrovano, inoltre, nelle ceneri ed in altri residui. L’incenerimento dei rifiuti contenenti sostanze clorurate, come la plastica in PVC (cloruro di polivinile), determina la formazione di nuovi composti clorurati, come le diossine, sostanze molto tossiche che sono rilasciate nei gas di ciminiera, nelle ceneri ed in altri residui. In altre parole, gli inceneritori non risolvono i problemi dovuti alla presenza di materiali tossici nei rifiuti; essi, infatti, li trasformano semplicemente in altre forme, alcune delle quali potrebbero essere più tossiche dei materiali originali. Queste sostanze chimiche che si formano a seguito della combustione possono poi rientrare nell’ambiente, essendo presenti come contaminanti nei gas, nelle ceneri ed in altri residui. Tutti i tipi di inceneritori rilasciano composti inquinanti in atmosfera attraverso i gas di ciminiera, nelle ceneri ed in altri residui. Si tratta di un numero elevato di sostanze chimiche, molte delle quali oggi rimangono ancora non identificate. I composti presenti nelle emissioni gassose sono spesso presenti anche nelle ceneri ed in altri residui. Tali sostanze includono diossine, policlorobifenili (PCB), policloruri di naftalene, cloruro di benzene, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), numerosi composti organici volatili (COV) e metalli pesanti, come piombo, cadmio e mercurio. Molte sostanze sono persistenti (molto resistenti alla degradazione nell’ambiente), bioaccumulabili (si accumulano nei tessuti degli organismi viventi) e tossiche. Queste tre proprietà le rendono fra i composti chimici più problematici a cui i sistemi naturali possono essere esposti. Alcune sostanze sono cancerogene, altre sono classificate come distruttori del sistema endocrino. Alcuni composti, come l’anidride solforosa (SO2) ed il biossido di azoto (NO2), così come il particolato fine, sono stati associati con effetti negativi sul sistema respiratorio. 

È un’idea sbagliata che il peso ed il volume dei rifiuti originali siano ridotti durante  l’incenerimento. Si dice spesso che il volume dei rifiuti venga ridotto di circa il 90%  durante la combustione. Anche se si considerano soltanto le ceneri residue, la  percentuale effettiva è più vicina al 45%. Per quanto riguarda il peso, si assume che  esso sia ridotto di circa un terzo durante il processo d’incenerimento. Comunque,  ancora una volta si fa riferimento soltanto alle ceneri e non sono considerate le altre emissioni dell’inceneritore sotto forma di gas, che determinano un aumento di tutto  ciò che fuoriesce da un impianto. In conclusione, se si somma la massa di tutte le  emissioni provenienti da un inceneritore, inclusa la parte gassosa, allora la quantità  totale di ciò che fuoriesce supererà la quantità di rifiuti immessi nell’impianto.

ESPOSIZIONE AMBIENTALE E SANITARIA ALL’EMISSIONI  DELL’INCENERITORE

La ricerca condotta sulla contaminazione dell’ambiente e sull’esposizione dell’uomo  alle sostanze inquinanti rilasciate dall’inceneritore è limitata e si è concentrata  principalmente sulle diossine e sui metalli pesanti. Gli studi hanno dimostrato che gli  inceneritori, sia di vecchia che di nuova generazione, possono contribuire alla  contaminazione del suolo e della vegetazione con diossine e metalli pesanti. Nello  stesso tempo in diversi paesi europei, è stato trovato latte vaccino proveniente da  fattorie poste nelle vicinanze degli inceneritori con livelli elevati di diossine, in alcuni  casi sopra i limiti consentiti. Le popolazioni residenti vicino agli impianti sono  potenzialmente esposte ai composti chimici per inalazione di aria contaminata,  consumo di prodotti agricoli inquinati (ad esempio verdure, uova, latte) oppure per  contatto della pelle con suolo contaminato. Livelli molto alti di diossine sono stati  trovati nei tessuti di residenti vicino ad inceneritori nel Regno Unito, in Spagna ed in  Giappone, molto probabilmente come risultato dell’esposizione alle emissioni degli  impianti. Due studi condotti nei Paesi Bassi ed in Germania, invece, non hanno  riscontrato livelli aumentati di diossine nei tessuti dei residenti in prossimità degli  impianti. In Finlandia, sono state trovate quantità aumentate di mercurio nei capelli  dei residenti nelle vicinanze di un inceneritore, con molto probabilità associate alle  emissioni dell’impianto. Nelle urine di bambini, residenti nei pressi di un moderno  inceneritore in Spagna, sono stati trovati livelli elevati di tioeteri, biomarcatori dell’esposizione tossica. In prossimità di un impianto di rifiuti pericolosi in Germania  sono stati riscontrati livelli elevati o una presenza più frequente di alcuni PCB nel  sangue dei bambini residenti.  Diversi studi hanno riportato livelli elevati di diossine (TEQ totali) e/o di alcuni  congeneri delle diossine nei tessuti umani di soggetti impiegati negli inceneritori sia  moderni che di vecchia generazione. Si pensa che questo sia conseguenza  dell’esposizione alle ceneri contaminate sul luogo di lavoro. Allo stesso modo, alcune  indagini hanno riferito di concentrazioni elevate di fenoli clorurati, piombo, mercurio  ed arsenico nei tessuti del corpo degli addetti agli inceneritori.

IMPATTI SULLA SALUTE

Dati sperimentali confermano che gli impianti emettono sostanze tossiche, a cui la  popolazione è di conseguenza esposta. Studi effettuati sui lavoratori che operano  negli impianti d’incenerimento e sulle popolazioni residenti vicino agli inceneritori  hanno identificato una varietà d’impatti sulla salute associati a questa tecnologia  (vedi tavole sotto). Anche se il numero degli studi è molto limitato (particolarmente  quelli condotti sotto standard scientifici rigorosi), le indagini finora condotte sollevano  grande preoccupazione sull’impatto sanitario degli inceneritori e, quindi, dovrebbero  rappresentano una forte indicazione della potenziale pericolosità di questi impianti  per la tutela della salute umana.

SOMMARIO DEGLI STUDI SULLA SALUTE PROFESSIONALE

inceneritori e salute

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EMISSIONI DELL’INCENERITORE E NORMATIVA GAS DEL CAMINO  

Com’è stato già detto, numerose sostanze chimiche sono emesse dagli inceneritori  attraverso i gas del camino. Alcuni aspetti importanti riguardano i composti di seguito  descritti.

Diossine 

Un’ampia ricerca ha dimostrato che le diossine possono causare diversi effetti tossici  e che sono inquinanti dispersi in tutto il globo e presenti nei tessuti del corpo umano.  Dalle indagini si evince che nei paesi industrializzati le diossine presenti nei tessuti  delle donne hanno raggiunto un livello tale da poter causare effetti negativi sul  sistema immunitario e su quello nervoso della loro prole.  L’incenerimento, in particolare di RSU, è stato identificato come la fonte principale di  diossine durante il decennio 1980 ed i primi anni del 1990. Nei diversi paesi  industrializzati, è stato valutato che questa tecnologia ha contribuito tra il 40 e l’80%  alle emissioni atmosferiche di tali composti. Il dato reale potrebbe essere perfino  maggiore, considerando i vari difetti metodologici in quasi tutti gli inventari delle  diossine che forniscono una stima delle emissioni atmosferiche dovute ad  incenerimento.  Si pensa che il miglioramento dei dispositivi di controllo dell’inquinamento dell’aria, di  cui sono dotati i nuovi impianti o sono stati introdotti in quelli di vecchia generazione  negli anni novanta, abbia contribuito ad una riduzione sostanziale della quantità di  diossine emessa in atmosfera dai camini. In ogni caso, stime recenti suggeriscono  che gli inceneritori di RSU sono ancora la fonte principale di emissione di questi  composti nell’ambiente. Nel Regno Unito è stato valutato che gli impianti di rifiuti  urbani sono responsabili dal 30 al 56% di tutte le emissioni di diossine. In Danimarca,  invece, uno studio recente sul bilancio di massa ha identificato l’incenerimento di  RSU come la fonte principale di diossine in atmosfera, che contribuisce in modo  significativo, anche, alla presenza di queste sostanze in discarica, a seguito del  conferimento delle ceneri residue. Inoltre, la riduzione delle diossine emesse nei gas di ciminiera molto probabilmente comporta un corrispondente aumento di questi  inquinanti nelle ceneri residue.  Mentre le misure attinte in alcuni inceneritori, sia di nuova che di vecchia  generazione, hanno mostrato che sono conformi ai limiti imposti dalla nuova direttiva  dell’Unione Europea, in altri impianti questo non si verifica. Fra quelli che non  rispondono ai limiti europei si contano inceneritori che sono stati recentemente testati  in Spagna, Polonia, Svezia e Belgio. In Belgio il controllo è stato fatto su un  inceneritore usando la tecnica comune delle “misure puntuali”, che consistono nel  monitorare i livelli di diossine in un periodo di diverse ore. Quando, invece, il controllo  è stato effettuato con il “monitoraggio continuo” su un periodo di due settimane, i  risultati sono stati sostanzialmente diversi. La tecnica delle misure puntuali  sottostimava le emissioni di diossine di un fattore da 30 a 50. E’, così, fonte di grande  preoccupazione sapere che pochi inceneritori sono controllati attraverso un  monitoraggio continuo o sono testati durante le normali condizioni operative. Inoltre, i  nuovi regolamenti dell’Unione Europea non stabiliscono che i controlli debbano  essere condotti secondo questa metodologia e quindi l’impiego di misure puntuali nel  monitoraggio dei gas del camino potrebbe essere inaccurato e sottovalutare le  emissioni di diossine in atmosfera.

Altri composti organici  

Allo scopo di regolamentare le emissioni di tutte le sostanze organiche, L’Unione  Europea ha proposto un limite per il carbonio organico totale rilasciato in atmosfera.  L’inefficacia di questo regolamento, comunque, consiste nel fatto che prende in  considerazione la tossicità e l’impatto sanitario solo di quei composti organici noti per  essere emessi dai camini degli inceneritori. Sono totalmente ignorati i composti non  ancora identificati, di cui non si conosce nulla riguardo la loro tossicità ed i potenziali  effetti sulla salute che potrebbero causare.

Metalli pesanti

I metalli pesanti, come il piombo e il cadmio, sono emessi nei gas dei camini degli  inceneritori. Molti metalli pesanti sono persistenti ed esercitano molti effetti negativi  sulla salute.  Ad eccezione del mercurio, i livelli dei metalli pesanti rilasciati nei gas delle ciminiere  sono diminuiti considerevolmente durante l’ultimo decennio, grazie al miglioramento  delle tecnologie di abbattimento dell’inquinamento aereo. Comunque sia, le quantità  ancora oggi emesse dagli inceneritori moderni si vanno ad aggiungere ai livelli già  presenti nell’ambiente e nell’uomo. Così, come nel caso delle diossine, la riduzione  dei livelli dei metalli pesanti nelle emessioni gassose porta ad un aumento  corrispondente di questi composti nelle ceneri, che, comunque, andranno a  contaminare l’ambiente una volta deposte in discarica.  

PARTICOLATO  

Tutti gli inceneritori emettono particelle solide in atmosfera, di cui la maggior parte è  di dimensione ultrafine. I normali dispositivi di controllo dell’inquinamento atmosferico  impediscono soltanto al 5-30 % delle particelle cosiddette “respirabili” (<2.5µm) di  liberarsi in aria e possono fare molto poco per impedire la fuoriuscita di quelle  ultrafine (<0.1µm). Le particelle respirabili, e specialmente quelle ultrafine, possono  raggiungere le regioni più profonde dei nostri polmoni e si pensa che provochino  impatti avversi sulla salute. Gli inceneritori, inoltre, contribuiscono ad una tipologia  d’inquinamento aereo dovuto al particolato che risulta il più pericoloso per la salute  umana. Recenti evidenze, infatti, suggeriscono che gli impianti emettono particelle  contenenti metalli pesanti e che sono, quindi, una fonte d’inquinamento aereo che  risulta ancora più tossico, per esempio, di quello prodotto da una centrale elettrica  alimentata a carbone.  La nuova direttiva dell’Unione Europea non pone alcun limite al rilascio di particelle  fini e questo rappresenta una negligenza nella tutela della salute pubblica in  considerazione dell’impatto sanitario del particolato, la cui emissione richiede un  controllo ed un regolamento rigido.  

CENERI  

Le ceneri volanti dai sistemi di filtrazione dell’aria e le ceneri di fondo che rimangono  dopo l’incenerimento contengono molte sostanze pericolose, come le diossine ed i  metalli pesanti. Nonostante la potenziale tossicità delle ceneri, non esistono limiti  imposti dall’Unione Europea per i livelli dei composti organici persistenti e dei metalli  pesanti in questi residui solidi. A causa della loro contaminazione, lo smaltimento delle ceneri prodotte da un  inceneritore presenta significativi problemi ambientali. La maggior parte delle ceneri viene smaltita in discarica e ciò può provocare l’inquinamento del sottosuolo e delle  acque sotterranee. In alcuni casi, è stata osservata la contaminazione delle acque  sotterranee a causa del lisciviaggio di alcuni composti, in particolare di metalli  pesanti, come il piombo ed il cadmio, rilasciati dalle ceneri volanti. Nel tentativo di  ridurre questo fenomeno, le ceneri volanti sono, talvolta, stabilizzate nel cemento  prima di essere smaltite. Sebbene questo metodo riduca la lisciviazione immediata  dei metalli pesanti e di altre sostanze tossiche, il deterioramento e l’erosione  causeranno nel tempo il loro rilascio nell’ambiente.  Recentemente, in alcuni paesi europei è emersa la tendenza di impiegare le ceneri di  fondo e/o quelle volanti come materiale da costruzione (strade e viali), una pratica  che riduce i costi di smaltimento “in sicurezza” delle ceneri. Ancora una volta,  comunque, l’erosione potrebbe nel tempo far ritornare queste sostanze tossiche e  persistenti nell’ambiente e, perciò, esporre potenzialmente l’uomo. Questo è  accaduto a Newcastle, nel Regno Unito, dove tra il 1994 e il 1999 le ceneri volanti e  quelle di fondo di un moderno ed operante inceneritore sono state usate per la  costruzione di viali e come fertilizzanti su terreni coltivati. Una recente analisi ha  rilevato che i campioni prelevati da questi terreni coltivati erano contaminati da alti  livelli di metalli pesanti e di diossine. Chiaramente, l’uso delle ceneri prodotte dagli  inceneritori rappresenta una minaccia potenziale per la salute umana, ma questa  pratica non viene ancora scoraggiata attraverso proposte legislative o regolamenti in  atto né dall’Unione Europea, né a livello nazionale.

“Inquinanti atmosferici persistenti, come le diossine, i furani ed il mercurio, possono  essere dispersi in ampie regioni molto al di là delle aree locali e persino lontane dalla  fonte di emissione….. Il cibo contaminato vicino ad un inceneritore potrebbe essere  consumato dalle persone vicino all’impianto o da coloro che vivono lontano. Così, le  deposizioni locali sugli alimenti potrebbero risultare pericolose anche per le  popolazioni che vivono distanti dalla fonte di emissione, a causa del trasporto di  questi prodotti dalle zone locali. In ogni modo, popolazioni che vivono lontano  probabilmente sono ancora più esposte a causa del trasporto a grandi distanze di  queste sostanze e della deposizione a basso livello e a largo raggio su coltivazioni  che si trovano lontano dall’impianto d’incenerimento.”

E ancora,  

“Gli effetti potenziali dei metalli e di altre sostanze inquinanti che sono persistenti  nell’ambiente possono estendersi ben oltre la zona dell’inceneritore. Sostanze inquinanti persistenti possono essere trasportate in zone lontane dalla loro fonte di emissione, attraversare trasformazioni fisiche e chimiche, e passare numerose volte attraverso il suolo, l’acqua o attraverso il cibo. Le diossine, i furani e il mercurio sono esempi d’inquinanti chimici persistenti per i quali l’incenerimento ha dato un contributo sostanziale sul totale delle emissioni nazionali. Mentre un inceneritore potrebbe contribuire soltanto con una piccola frazione di tutta la concentrazione nell’ambiente di queste sostanze chimiche, la somma delle emissioni di tutti gli impianti di incenerimento in una regione possono essere considerevoli. La prima via dell’esposizione alle diossine è il consumo dei cibi contaminati, ai quali è esposta un’ampia popolazione. In tal caso, il carico incrementale di tutti gli inceneritori merita una seria considerazione al di la del livello locale”.

3. EFFETTI SULLA SALUTE DELLE POPOLAZIONI VICINO AGLI INCENERITORI

Hens et al. (2000) notano che il rilascio nell’aria e nell’acqua delle sostanze da parte  degli inceneritori è veramente una diluizione ed una dispersione d’inquinanti nello spazio e nel tempo. Questo causa un lento ma graduale accumulo di sostanze inquinanti nella catena alimentare e nel corpo umano, tanto che gli effetti sulla salute possono spesso diventare chiari e misurabili dopo un lungo periodo d’incubazione.

3.1 Studi sull’esposizione

Un numero limitato di studi è stato condotto per stabilire se le persone che risiedono vicino agli inceneritori siano state esposte alle sostanze inquinanti. Le ricerche sono state ristrette all’esposizione a diossine e metalli pesanti ed i risultati sono eterogenei. Alcuni hanno riportato un’esposizione elevata tra i residenti nelle vicinanze degli impianti, altri non hanno trovato alcuna evidenza sull’aumento dell’esposizione.

3.1.1 DIOSSINE E PCB

Tre indagini hanno riscontrato livelli aumentati di diossine nei residenti vicino agli inceneritori, mentre in due studi non sono state trovate evidenze di una esposizione aumentata. Un altro studio ha anche riportato che alcuni congeneri dei PCB erano probabilmente aumentati nel sangue dei bambini che vivevano nella zona. Gonzalez et al. (2000) hanno esaminato l’esposizione delle persone che vivevano nelle vicinanze di un inceneritore da poco costruito a Matarò, in Spagna, sia prima che due anni dopo l’inizio dell’attività dell’impianto. Lo studio ha stabilito il livello di diossine nel 1995 e nel 1997 nei campioni di sangue di un gruppo di 104 individui che vivevano tra 0,5 e 1,5 km dall’inceneritore, e di 97 persone che vivevano più lontano, tra 3,5 e 4,0 km. Nel 1995, prima dell’avvio dell’inceneritore, i livelli di diossine nel sangue delle persone che vivevano vicino e di quelle che vivevano più lontano, erano rispettivamente di 13,5 ppt TEQ e 13,4 ppt TEQ. Nel 1997, dopo due anni di funzionamento dell’impianto, i livelli di diossine erano aumentati in entrambi i gruppi di persone di circa il 25% e quelli di PCB di circa il 12%. Quando le analisi furono ripetute, l’aumento delle diossine nei residenti era dal 10 al 15%, piuttosto che del 25%. L’aumento delle diossine non era diverso nei residenti che vivevano vicino all’inceneritore ed in quelli che vivevano più lontano, cosicché gli autori hanno commentato che l’aumento dei livelli ematici di questi composti non era probabilmente da attribuire all’inceneritore. L’emissione di diossine dal camino dell’inceneritore era riportata come 0,98-2,5 ng TEQ/m3.

In uno studio condotto in Giappone in un’area vicina ad un inceneritore di rifiuti urbani, sono stati notati alti livelli di diossine nel suolo (vedi sez. 4.2.1) ed un tasso insolitamente elevato di cancro tra i residenti (2 volte più alto) (Miyata et al. 1998). Nella ricerca sono stati anche esaminati campioni di sangue, di cui 13 donne e 5 uomini che vivevano entro 2 km dall’inceneritore. I livelli di diossine nei residenti erano considerevolmente alti se paragonati a quelli della popolazione locale. Per esempio, le donne avevano un livello medio nel sangue di 149 pg TEQ/g di lipidi e gli uomini 81 pg TEQ/g di lipidi, mentre il livello base della popolazione era da 15 a 29 pg TEQ/g di lipidi. Secondo gli autori, l’aumento dell’esposizione nei residenti era 27dovuta all’inalazione diretta delle diossine dai gas del camino degli inceneritori ed al consumo delle verdure locali contaminate dagli stessi gas. A seguito dei documenti sulla presenza di alti livelli di diossine nel latte di mucche presso fattorie vicine all’impianto “Coalite chemicals”, nel Derbyshire, nel Regno Unito, dove era in funzione un inceneritore prima del 1991 (vedi anche sez. 4.2.2), è stato avviato uno studio sui livelli di diossine nel sangue di 10 residenti presso le fattorie (Startin et al.1994). I risultati della indagine hanno rilevato la presenza di alti livelli ematici di diossine fra tutti i residenti. Questi dati sono stati paragonati a quelli disponibili sui livelli di diossine della popolazione tedesca, a causa della scarsità di dati significativi nel Regno Unito. Tre soggetti campionati avevano livelli nel sangue (49, 85 e 95 pg TEQ/g di lipidi) che erano appena al di sopra o al limite superiore dei livelli di controllo, e gli altri sette residenti avevano livelli (da 137 a 291 pg TEQ/g di
lipidi) che erano chiaramente più alti di quelli di riferimento. Holdke et al. (1998) hanno analizzato i livelli di PCB nel sangue di 348 bambini tra i sette e i dieci anni, che vivevano presso un inceneritore di rifiuti pericolosi in Germania. I risultati sono stati paragonati a quelli di un gruppo di controllo di bambini che vivevano in una regione con inquinamento industriale simile e a quelli di un secondo gruppo di bambini che vivevano in un’area meno industrializzata. Tra quelli che vivevano nelle vicinanze dell’inceneritore di rifiuti pericolosi, il PCB 170 e il PCB 180 erano presenti in concentrazioni statisticamente molto più alte, mentre il PCB 183 e il PCB 187 sono stati scoperti con frequenze maggiori rispetto ai bambini del gruppo di controllo dell’area con un inquinamento industriale più basso. Secondo l’indagine, mentre i risultati quantitativi possono essere visti soltanto come un confronto regionale dei tre gruppi e con piccoli effetti, da un punto di vista statistico i risultati indicano significativamente un modello plausibile di distribuzione sul territorio. 

Due altri studi condotti in Europa non hanno trovato un aumento dei livelli di diossine  negli individui residenti vicino agli inceneritori. Deml et al. (1996) hanno effettuato un esame sul sangue di 39 persone e sul latte materno di 7 donne che vivevano vicino ad un inceneritore di rifiuti urbani in Germania, nel 1993. Dall’indagine si evince che non c’è stato un aumento dei livelli ematici di diossine dei residenti. I livelli di queste sostanze nel sangue dei residenti (in media 17,0 ppt TEQ base lipidica, nell’intervallo da 5,2 a 34,5 ppt TEQ base lipidica) e nel latte materno (in media 12,4 ppt TEQ base lipidica, nell’intervallo da 6 a 19 ppt TEQ base lipidica) non erano significativamente diversi da quelli di riferimento della popolazione tedesca (intervallo da 10 a 48 ppt TEQ base lipidica nel sangue e mediamente 30 ppt TEQ base lipidica nel latte materno). Nello stesso modo, uno studio sull’esposizione di un numero limitato di residenti (cinque) che vivevano vicino ad un inceneritore a Duiven, nei Paesi Bassi, non ha trovato un aumento dei livelli di diossine nel sangue (van den Hazel e Frankort 1996). Questa indagine è stata realizzata specificatamente per esaminare se i residenti avessero livelli elevati di congeneri delle diossine nel corpo, a causa della loro potenziale esposizione alle ceneri volanti, trasportate dal vento dal luogo di stoccaggio posto nelle vicinanze dell’impianto. I livelli di diossine nel sangue dei residenti (in media 31,4 ppt TEQ base lipidica) erano simili a quelli del gruppo di controllo, costituito di cinque persone tra la popolazione olandese (cioè 33,8 ppt TEQ base lipidica). Inoltre, lo studio non ha trovato aumenti dei livelli di qualsiasi particolare congenere delle diossine tra i residenti.

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3.1.2 METALLI PESANTI

Nella letteratura scientifica è stato individuato soltanto uno studio sull’esposizione ai metalli pesanti dei residenti vicino agli inceneritori. Tra il 1984 e il 1994 Kurttio et al. (1998) hanno indagato i cambiamenti nei livelli di mercurio nei capelli di 113 persone che vivevano vicino ad un impianto di rifiuti pericolosi in Finlandia. Le concentrazioni di mercurio sono state trovate aumentate tra gli addetti ( vedi sez. 2.1.3) e nei residenti, tanto che i livelli aumentavano con il diminuire della distanza dall’inceneritore. Per esempio, le concentrazioni crescevano di 0,16 mg/kg nelle persone che vivevano ad una distanza tra 1,5 e 2 km dall’impianto (gruppo ad alta esposizione), di 0,13 mg/kg per quelli residenti tra 2,5-3,7 km (gruppo ad esposizione media) e di 0,03 mg/kg per coloro che vivevano a circa 5km (gruppo a bassa esposizione). I risultati suggerivano che l’inceneritore probabilmente era stato la fonte di esposizione, dovute principalmente all’inalazione ed al consumo di acqua dei pozzi locali e di verdure. Gli autori concludevano che nel tempo l’aumento della concentrazione di mercurio nei residenti era piccolo e sulla base della attuale conoscenza non poneva una minaccia per la salute.

3.1.3 BIOMARCATORI

La teoria sottesa all’uso dei biomarcatori negli studi epidemiologici si fonda sui primi effetti biologici di un’esposizione tossica (es. il biomarcatore), essendo più prevalente e più facile scoprirli nella popolazione potenzialmente esposta rispetto ad una malattia clinica. Uno studio condotto in Spagna presso un inceneritore di recente costruzione ha confrontato bambini che vivevano nelle sue vicinanze con altri che vivevano al di fuori della zona d’influenza dell’impianto, usando come biomarcatori i tioeteri nell’urina (Ardevol et al. 1999). L’impiego di questi composti si basa sul fatto che quando i composti elettrofili come gli IPA, sono degradati nel corpo umano, i prodotti metabolici finali possono essere rilevati come tioeteri nell’urina. I composti elettrofili sono generalmente potenti mutageni e cancerogeni. Una ricerca effettuata nel 1997 esaminava il possibile contributo dell’incenerimento alla presenza di tioeteri nell’urina nei bambini con età compresa tra sette e dieci anni. La scelta di campionare bambini piuttosto che adulti ha eliminato altre potenziali fonti di esposizione sanitaria, come il fumo, l’ambiente di lavoro od altre sostanze pericolose per la salute, che potevano interferire con i risultati. Dallo studio si evince che c’era una quantità maggiore di tioeteri nell’urina dei bambini che vivevano nei pressi dell’inceneritore rispetto al gruppo di controllo, sebbene il risultato non fosse statisticamente significativo. L’indagine ha, inoltre, rilevato che la presenza di genitori fumatori predeterminava una quantità maggiore dei tioeteri urinari nei bambini di entrambi i gruppi e che tra quelli esposti in casa al fumo di entrambi i genitori c’era una quantità più elevata di questi composti nelle urine dei bambini del gruppo campionato rispetto a quello di controllo. È possibile che quest’effetto sia stato causato da un grado maggiore di esposizione dei bambini al fumo di tabacco oppure potrebbe essere stato causato da una combinazione legata al fumo da tabacco e alle emissioni dell’inceneritore. In quest’ultimo caso le quantità maggiori di tioeteri nelle urine dei bambini potrebbero essere state dovute all’esposizione agli IPA e forse alle diossine.

293.2 Effetti sulla salute – Studi epidemiologici

La maggior parte degli studi epidemiologici sulla salute delle popolazioni residenti vicino agli inceneritori si sono concentrati sia sull’incidenza del cancro che sui sintomi respiratori. Alcune ricerche hanno, inoltre, esaminato altri effetti potenziali, compresi le anomalie congenite ed i cambiamenti nel rapporto dei sessi. Considerando l’uso esteso dell’incenerimento dei rifiuti su scala globale, il numero delle indagini sugli effetti sulla salute dei residenti vicini agli impianti è scarso.

3.2.1 CANCRO

Alcune delle sostanze emesse dalle ciminiere degli inceneritori, incluso cadmio, IPA e diossine (TCDD) sono state classificate come agenti cancerogeni per l’uomo o come probabili/possibili cancerogeni umani dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (McGregor et al. 1998, vedi Elliot et al. 1996). Diversi studi hanno indagato l’incidenza del cancro nelle popolazioni che vivono nei pressi degli inceneritori o in altre zone industrializzate. Dalla maggior parte di queste ricerche si evince che esiste un’associazione tra i tassi elevati di tumore (incluso il cancro nei bambini) e la vicinanza agli impianti o ad aree industrializzate. E’ necessario che questi tipi di ricerche sulle emissioni degli inceneritori vengano condotte in un certo numero d’anni, poiché il tempo che occorre per lo sviluppo di un cancro (il periodo di incubazione) è lungo per molte forme tumorali. Il sarcoma del tessuto molle ed il linfoma di Non-Hodgkin E’ stato condotto uno studio nell’area di Doubs, Francia orientale, vicino ad un inceneritore di RSU per esaminare il “clustering” (raggruppamento) di due tipi di cancro: il sarcoma del tessuto molle e il linfoma non-Hodgkin (Viel et al. 2000). L’indagine è stata realizzata a seguito di una denuncia di alte emissioni di diossine dall’impianto ed ha riscontrato gruppi significativi di entrambe le forme tumorali nelle aree vicine all’inceneritore, ma non nelle altre regioni circostanti. In un comunicato stampa del 1998, il ministro francese dell’ambiente ha rivelato che 71 inceneritori di rifiuti urbani avevano emissioni di diossine nell’atmosfera sopra 10 ng I-TEQ/m3. Uno degli inceneritori, quello di Besançon, emanava nell’aria diossine per 16,3 ng I-TEQ/m3. Un registro sull’incidenza tumorale ha preso in considerazione l’area locale nei presso dell’inceneritore, e ciò ha dato l’opportunità ai ricercatori di studiare l’incidenza del cancro nella regione. Sono stati scelti per l’indagine il sarcoma del tessuto molle ed il linfoma non-Hodgkin, poiché precedenti lavori suggerivano che le diossine aumentano la probabilità di contrarre questi tipi di cancro. L’inceneritore ha funzionato dal 1971 in poi. Per gli scopi dell’analisi, lo studio divideva la regione di Doubs in 26 aree (unità statistiche). Durante il periodo tra il 1980 al 1995, sono stati riportati 110 casi di sarcoma al tessuto molle e 803 del linfoma non-Hodgkin. L’analisi dimostrava che gruppi statisticamente significativi di entrambi i tumori erano presenti in due delle ventisei aree, cioè Besançon e Audeux, che erano le più vicine all’inceneritore. C’era un aumento del 44% sull’incidenza del sarcoma del tessuto molle e del 27% su quella del linfoma non-Hodgkin. Non sono stati trovati ”cluster” nelle altre 24 aree.

È difficile che eventuali fattori alteranti come la situazione socio-economica e l’urbanizzazione potessero aver inciso sui risultati dell’indagine. Inoltre, per garantire che la distanza dalle unità sanitarie non confondesse i risultati (ossia, in considerazione della maggiore vicinanza a centri specialistici ove potessero essere diagnosticati i tumori), lo studio ha tenuto conto della frequenza del morbo di Hodgkin quale tumore di controllo. Il morbo di Hodgink è un cancro che non è associato con l’esposizione alle diossine. Lo studio non ha rilevato tracce di linfoma di Hodgkin nell’intera area coperta dallo studio. Gli autori hanno concluso che le tracce di sarcoma dei tessuti molli ed il linfoma non-Hodgkin in prossimità dell’inceneritore non
potessero essere imputate alla presenza dell’Ospedale Universitario nell’area di Besançon-Audeux, che avrebbe potuto condurre ad una migliore diagnosi delle malattie. In conclusione, gli autori affermavano che la consistenza delle scoperte dei gruppi di sarcoma del tessuto molle e del linfoma di Non-Hodgkin intorno all’inceneritore era notevole. In ogni modo, avvertivano anche che prima di poter attribuire i “cluster” di entrambi i tumori alla emissione di diossine dall’inceneritore, le scoperte dovrebbero essere confermate da un ulteriore esame. Se è vero che la diossina ha un ruolo importante, rimane da determinare la via di esposizione tra i residenti. 

Cancro dei polmoni 

Uno studio è stato effettuato a Trieste, città industriale nell’Italia del nord-est, per indagare l’impatto dell’inquinamento atmosferico provocato da diverse fonti (cantieri navali, fonderie, inceneritore e centro città) sullo sviluppo di cancro del polmone (Buggeri et al. 1996). La ricerca ha mostrato che l’incidenza di tutte le forme tumorali al polmone era aumentata sia tra i residenti vicino all’inceneritore che tra quelli nei pressi del centro della città. Il metodo usato in questa indagine coinvolgeva l’identificazione di soggetti che erano deceduti di cancro ai polmoni nella regione soggetta a campionamento e, susseguentemente, l’identificazione di casi di controllo che includevano soggetti deceduti nello stesso tempo, ma non per tumore o per altre patologie polmonari. È stato osservato un totale di 755 soggetti di sesso maschile, morti per cancro del
polmone tra il 1979 e il 1981 o tra il 1985 e il 1986; I due periodi presi in esame sono stati scelti per coprire un periodo di tempo esteso tenuto conto dei costi dello studio. L’analisi dei risultati ha preso in considerazione i fattori fuorvianti, come il fumo, l’età, la probabilità di una esposizione professionale a composti cancerogeni ed i livelli approssimativi di particolato nell’aria. I risultati della indagine hanno dimostrato che c’era una probabilità statisticamente alta di decesso a causa della contrazione di diverse forme di tumore ai polmoni per le persone che vivevano nei pressi dell’inceneritore. La probabilità di morte per questa patologia era 6,7 volte maggiore rispetto a coloro che risiedevano in altre aree. Indipendentemente da questo, è stata osservata una maggiore probabilità di contrarre il cancro ai polmoni anche per coloro che vivevano vicino al centro della città (2,2 volte maggiore nel centro della città). Questo studio ha confermato le scoperte di una precedente ricerca condotta a Trieste, in cui era stato identificato un aumento della probabilità di contrazione di cancro polmonare nelle vicinanze dell’inceneritore (Babone et al. 1994). Non potevano, comunque, escludersi fattori eventualmente fuorvianti, quali la residenza effettiva nel luogo del decesso (es. cambio di residenza). Lo studio concludeva che i risultati fornivano una prova
ulteriore a dimostrazione che l’inquinamento dell’aria rappresenta un fattore modesto nello sviluppo del cancro ai polmoni e che ciò corrispondeva all’ipotesi di un impatto indipendente sulla salute di chi risiede vicino all’inceneritore e al centro della città.

31Il cancro della laringe

Alla fine degli anni 80, il comune di Charnock Richards, Lancashire, Regno Unito, ha condotto uno studio sul tasso di tumori nella area vicino ad un inceneritore di rifiuti speciali (solventi ed olii). L’analisi statistica dei risultati ha identificato un eccesso
importante di cancro della laringe vicino all’inceneritore, incidenza che diminuiva con l’aumento della distanza dall’inceneritore (Diggle et al. 1990). A seguito di questa indagine, è stato realizzato un altro studio per verificare l’incidenza del tumore della laringe nei pressi di questo inceneritore ed in altri nove impianti simili nel Regno Unito che hanno iniziato ad operare prima del 1979 (Elliot et al. 1992). Dai risultati non è stato rilevato un aumento dei cancri della laringe o dei polmoni fino a 10 km dagli impianti, quando venivano considerati intervalli di tempo di 5 e di 10 anni tra l’avvio dell’inceneritore e l’incidenza del cancro. Di conseguenza, lo studio concludeva che i gruppi evidenziati di casi di tumore della laringe a Charnock
Richard, nel Lancashire, difficilmente potevano imputarsi all’inceneritore. Tuttavia, sono stati riconosciuti diversi limiti nei dati usati in questo studio. Per esempio, l’intervallo di tempo di 5 e di 10 anni per lo sviluppo del cancro della laringe è breve,
considerando l’epidemiologia di questo tumore. Uno studio sugli addetti alla produzione dell’iprite, per esempio, ha dimostrato che il cancro della laringe era evidente soltanto dopo un periodo di almeno 10 anni dall’inizio dell’assunzione ed
un’altra ricerca ha dimostrato che l’aumento di mortalità per cancro della laringe nei lavoratori esposti alle diossine appariva soltanto dopo 20 anni. Uno studio più recente sull’incidenza di varie forme tumorali sulle popolazioni residenti in prossimità di un inceneritore, di una discarica di rifiuti e di una raffineria di petrolio operante a Roma dall’inizio degli anni ’60, ha rilevato una maggiore probabilità di mortalità per tumore della laringe (Michelozzi et al. 1998). L’esame è stato realizzato a seguito delle preoccupazioni sugli effetti che l’inquinamento industriale possa avere sulla popolazione residente. Non è stato trovato un aumento di casi di cancri al fegato, dei polmoni e linfoematopoietici. Tuttavia, è stato riscontrato un aumento della probabilità di contrarre il cancro della laringe a 0-3 km e a 3-8 km di distanza dalle industrie, sebbene questi dati non abbiano valore statistico. Ciò nonostante, gli autori hanno ipotizzato un possibile legame tra le emissioni provenienti dalle industrie ed il cancro della laringe, poiché c’era una diminuzione statisticamente significativa dello sviluppo di questa patologia al crescere della distanza dai siti industriali. Lo studio faceva notare che si tratta di un dato interessante, poiché i risultati di altre ricerche sull’incidenza del tumore in prossimità di queste industrie erano opposti. Si è concluso che i risultati sul tumore
laringeo sono stati fondati su un numero limitato di casi e che sarebbero necessari ulteriori studi per determinare se la presenza di raffinerie o di inceneritori non rappresentino effettivamente un fattore che influisce sull’aumento della probabilità di contrarre la malattia tra le popolazioni residenti.

Il cancro del fegato ed altri tumori In Gran Bretagna è stato condotto uno studio sull’incidenza del cancro in soggetti residenti vicino ad impianti d’incenerimento, a seguito delle preoccupazioni emerse circa i possibili effetti sanitari (Elliot et al. 1996); la ricerca ha dimostrato un eccesso statisticamente significativo del cancro al fegato fra i residenti. Lo studio indagava l’incidenza tumorale tra oltre 14 milioni di persone che vivevano entro i 7,5 km di 72 inceneritori di rifiuti urbani. I dati sull’incidenza del cancro dal 1974 al 1987 sono stati compilati usando lo schema di registrazione nazionale del tumore. I tassi d’incidenza per le popolazioni residenti in prossimità degli impianti sono stati paragonati a quelli nazionali per stabilire se vi fosse un eccesso di casi di cancro rispetto alle cifre previste. I risultati hanno dimostrato che, per le popolazioni che vivevano nel raggio di 7,5 km dall’inceneritore, c’erano aumenti statisticamente significativi di tutte le forme combinate di tumore e del cancro allo stomaco, al colon, al retto, al fegato e d al polmone. L’incidenza del cancro diminuiva all’aumentare della distanza dagli inceneritori. La maggiore probabilità di insorgenza tumorale è stata riscontrata per il cancro del fegato, per il quale è stato riscontrato un 37% in più da 0-1 km di distanza dall’inceneritore, in confronto ai tassi nazionali. In ogni caso, un’ulteriore analisi dei dati indicava che gli eccessi di tutte le forme combinate e del tumore allo stomaco ed al polmone dovevano probabilmente essere attribuiti a fattori fuorvianti, in questo caso a privazioni sociali.La privazione sociale tende ad essere alta nelle aree inquinate ed è alta la possibilità di insorgenza di malattie fortemente premonitrice di casi di malattie. Per quanto riguarda il cancro del fegato, è stato notato che la privazione sociale poteva spiegare almeno parte della maggiore probabilità di contrazione di questa malattia osservata nello studio. È stato inoltre notato che vi è stata una cattiva diagnosi del tumore del fegato primario dovuta a tumori del fegato secondari (ossia, tumori insorti in seguito e come un risultato di altri tipi di tumori primari). In conclusione lo studio affermava che occorreva un’ulteriore ricerca per confermare se vi sia o meno un eccesso di cancro primario del fegato nelle vicinanze degli inceneritori. Ulteriori indagini sulle diagnosi del tumore epatico sono state in seguito portate avanti in questo studio (Elliot et al. 2000) ed è stato anche riscontrato un aumento del tasso di cancro del fegato nei residenti nei pressi degli impianti.

Il primo studio di Elliot et al. (1996) ha utilizzato informazioni ricavate dai certificati di morte. Per un’ulteriore analisi dei dati, la seconda indagine degli stessi autori (2000) includeva un controllo degli esami istologici e delle relazioni e referti medici, allo scopo di chiarire se i tumori del fegato fossero cancri primari o secondari. Su 235 casi iniziali di cancro del fegato riportati sui certificati di morte è stata poi eseguita un’analisi di 119 casi (51%). Il tumore primario del fegato è stato confermato nel 55% di questi casi e quelli secondari nel 18%. Se queste cifre vengono usate per calcolare di nuovo l’incidenza del tumore epatico come osservato nel primo studio, l’aumento del 37% di questa patologia (23 casi) viene ridotto a 12,6 casi, e a 18,8 casi se vengono esclusi i cancri definiti secondari. Questo si traduce in 0,53 e 0,78 casi di eccesso per 1.000.000 di casi l’anno (un aumento della probabilità di contrarre il cancro del fegato di 20 e 30% entro la distanza di 1 km dagli inceneritori di RSU). Lo studio concludeva che l’aumento effettivo potrebbe attestarsi tra questi due valori e che non si poteva escludere la possibilità di interferenza dei risultati a causa di fattori come le privazioni sociali. Elliot et al. (2000) hanno commentato che se i risultati di eccesso dell’incidenza di cancro del fegato come riscontrati in questo studio e nel precedente fossero determinati dalla residenza in prossimità di inceneritori di rifiuti urbani, allora i risultati si correlano a modelli all’esposizione storica nelle vicinanze di questi impianti.

Il cancro nell’infanzia

È stata pubblicata recentemente un’analisi eseguita da Knox (2000), che ha usato i dati sugli inceneritori di RSU ottenuti dal primo studio di Elliot et al. (1996) (vedi sopra), allo scopo di stabilire se la probabilità di contrarre il cancro nell’infanzia aumenti vicino ad impianti di incenerimento. Lo studio considerava l’insorgenza del tumore infantile intorno a 70 inceneritori di rifiuti urbani tra il 1974 e il 1987 e nei pressi di 307 inceneritori di rifiuti ospedalieri tra il 1953 e il 1980. Gli intervalli d’incubazione per i tumori nei bambini sono brevi e questo attenua il problema posto dai periodi di latenza spesso più lunghi per il tumore degli adulti, come riscontrato negli studi su “tutte le età” condotto da Elliot et al. (1996). L’analisi ha utilizzato un metodo sensibile, sviluppato di recente, che considera la distanza del luogo di nascita di ogni bambino dal sito dell’inceneritore ed, inoltre, il luogo di decesso, ove diverso. A questo riguardo, il metodo impiegato per questa analisi, denominato “migration method”, potrebbe mettere in relazione le distanze dei luoghi di nascita e di morte per cancro dei bambini la cui residenza era cambiata rispetto agli impianti di incenerimento. Lo studio ha identificato un’incidenza maggiore del tumore in età infantile nei bambini che erano nati nei pressi degli inceneritori. Le fasi in cui si sviluppa la vita sono generalmente le più vulnerabili alle emissioni tossiche. Così, l’esposizione alle sostanze tossiche del feto in fase di sviluppo nel grembo materno e durante i primi stadi di vita può determinare un potenziamento degli effetti negativi sulla salute, come lo sviluppo di cancro, rispetto a quelli che si registrano a seguito di una esposizione in tarda età. Nello studio di Knox (2000), se l’esposizione durante le prime fasi della vita ai composti tossici dovuta alla residenza vicino ad un inceneritore poteva far pensare ad un incremento dell’incidenza di tumori, allora sarebbe una maggiore correlazione con il luogo di nascita dei bambini, piuttosto che con il luogo di decesso. I risultati delle analisi hanno in effetti dimostrato un eccesso statisticamente significativo di migrazione dai luoghi di nascita vicino agli impianti entro 5 km dagli inceneritori. Così, l’esposizione agli inceneritori nel luogo di nascita, e quindi nel corso dei primi stadi di vita, era associata ad una più alta probabilità di contrarre il cancro rispetto a quella dovuta all’esposizione nel luogo di decesso o in età matura. Per i bambini che erano nati all’interno di un raggio di 5 km dagli impianti di rifiuti urbani è stata osservata una probabilità doppia di decesso da tumore. Questi risultati concordano con quelli di una ricerca precedente che dimostrava un aumento della probabilità di contrarre il cancro durante l’infanzia nei bambini che erano nati entro una breve distanza da inceneritori di rifiuti ospedalieri, da fonti di combustione ad alta temperatura su grande scala o dagli impianti che emettevano COV (Knox e Gilman 1998). Il numero dei casi in eccesso di leucemia e di tutte le neoplasie (tumori solidi) era simile a quelli trovati nello studio effettuato da Knox (2000) sul cancro infantile nelle vicinanze d’inceneritori di RSU. Questo fenomeno è stato anche osservato in altre precedenti indagini riguardanti il cancro dell’infanzia in prossimità di siti industriali e le esposizioni a radiazioni mediche in fase prenatale. Un tale risultato potrebbe essere previsto in relazione ad agenti e sostanze chimiche che hanno un accesso sistemico (ossia, accesso per via circolatoria) al DNA/RNA in tutti i tipi di cellule fetali (Knox 2000).

Lo studio condotto da Knox e Gilman (1998) sul livello di tumori infantili in prossimità di differenti siti industriali ha concluso che l’aumento dei tassi di cancro compariva nei bambini nati vicino agli inceneritori ospedalieri, ad altre fonti di combustione o alle industrie che emettevano COV. Da questi risultati si concludeva che molte sono le fonti tossiche responsabili dell’insorgenza di focolai tumorali neonatali o pre-natali (fetali). Questo effetto in fase di sviluppo giovanile è probabile che sia mediato attraverso vari COV e prodotti di combustione. Per quanto riguarda lo stesso incenerimento di rifiuti, la concordanza dei risultati sul tumore infantile causato da inceneritori di RSU (Knox 2000) e da quelli per rifiuti ospedalieri (Knox e Gilman 1998) suggerisce un effetto comune su coloro che nascono vicino agli impianti e l’insorgenza del cancro nei bambini. Secondo Knox (2000), tuttavia, è difficile stabilire se le apparenti minacce alla salute di tipo cancerogeno in prossimità di inceneritori possano derivare anche da altri pericoli presenti nell’ambiente circostante. A questo riguardo, nello studio gli inceneritori più “tossici” erano vicini a fonti industriali del tipo osservato nelle indagini precedenti. Per questa ragione, la conclusione dello studio era basata sul fatto che l’aumento della probabilità di contrarre il cancro durante l’infanzia derivava nel complesso dal vivere vicino ad impianti di combustione di grandi dimensioni, di cui gli inceneritori sono una componente (Knox 2000).

3.2.2 EFFETTI SULLA RESPIRAZIONE

Gli inceneritori, e in particolare i forni dei cementifici, emettono quantità considerevoli di SO2 e NO2. È noto che l’esposizione a lungo termine a queste sostanze ha effetti negativi sulle funzioni respiratorie (vedi ad es. Ayres 1998). Allo stesso modo, gli inceneritori emettono materia particolare fine e molti studi hanno riportato che l’esposizione a lungo termine a questo particolato è associata ad effetti negativi sui sintomi dell’apparato respiratorio (vedi appendice A). Nonostante gli impatti potenzialmente avversi sull’apparato respiratorio causati dalle sostanze emesse dagli inceneritori, esiste un numero limitato di studi epidemiologici sugli effetti sull’apparato respiratorio in persone che vivono vicino agli impianti. Tra le ricerche realizzate, alcuni studi hanno suggerito impatti negativi sulle funzioni respiratorie, mentre in altri casi non è stato rilevato alcun effetto. Un vecchio studio di Zmirou (1984) riferiva un incremento dell’uso di medicinali per malattie respiratorie tra i residenti che vivevano vicino ad un inceneritore di RSU in un villaggio della Francia. L’indagine rivelava che le medicine per problemi respiratori come i broncodilatatori, gli espettoranti e le medicine per la tosse venivano acquistate in modo significativamente più frequente nei luoghi vicino all’impianto. I ricercatori hanno sottolineato che non è possibile prevedere un rapporto causa- effetto, ma hanno stabilito che l’osservazione fatta nello studio è coerente con l’ipotesi che l’inquinamento causato dall’inceneritore possa condurre a complicanze respiratorie (vedi Marty 1993). È stata condotta un’indagine sulla salute dei residenti vicino ad un inceneritore di rifiuti pericolosi nella Carolina del Nord occidentale, negli Stati Uniti, a seguito della insorgenza di malattie e di sintomi neurologici nei lavoratori impiegati nell’impianto (ATSDR 1993). Dopo aver considerato i fattori alteranti come l’età, il sesso, il fumo delle sigarette, lo studio ha trovato aumenti significativi nella prevalenza di sintomi respiratori dichiarati dagli stessi soggetti. Per esempio, i residenti vicino all’inceneritore dichiaravano sintomi ricorrenti d’asma e tosse nove volte di più rispetto ai residenti che vivevano lontano dall’impianto, e riportavano altri sintomi respiratori due volte di più. Inoltre, il dolore al petto, la scarsa coordinazione, le vertigini e sintomi irritativi erano tra i sintomi segnalati in misura significativa. In ogni caso, tra i due gruppi non è stata riportata alcuna differenza nella insorgenza di malattie diagnosticate dai medici e negli ospedali. Sebbene questo studio abbia trovato un aumento dei sintomi respiratori tra i residenti che vivevano vicino ad un inceneritore, secondo il Centro Nazionale delle Ricerche esistono diverse preoccupazioni su questa indagine che ne limitano l’interpretazione delle conclusioni.

Per esempio, ci sono dubbi riguardo la natura retrospettiva dello studio (l’inceneritore ha operato dal 1977 al 1988 e la ricerca non è stata condotta fino al 1991) ed in merito alla pubblicità negativa prima della chiusura dell’impianto. Il NRC ha commentato che lo studio era di utilità limitata nella valutazione degli effetti dell’esposizione all’inceneritore. Uno studio condotto a Taiwan ha esaminato lo stato dell’apparato respiratorio di bambini che vivevano vicino ad un inceneritore di cavi elettrici in operazioni di recupero e ha rilevato effetti negativi sulle funzioni polmonari (Wang et al. 1992). Lo studio è stato effettuato su 86 bambini della scuola primaria ed i risultati sono stati confrontati rispetto a quelli del gruppo di controllo costituito di 92 bambini provenienti da una città “non inquinata”. L’inquinamento dell’aria nel distretto dell’inceneritore, misurato attraverso i rilevamenti dei livelli di SO2 e di NO2, era notevolmente maggiore rispetto a quello della città. I questionari somministrati ai bambini non hanno evidenziato differenze nella sintomatologia respiratoria. Tuttavia, il volume anormale di aria nell’espirazione forzata in un secondo (FEV 1), che rappresenta una misura del funzionamento polmonare, era significativamente maggiore nel gruppo dell’inceneritore (17,5%) che nel gruppo di controllo (3,2%). Un’ indagine ulteriore sulla funzione polmonare di 26 bambini di ciascun gruppo dava risultati positivi all’esame di contrasto con la metacolina in nove casi del gruppo dell’inceneritore, ma soltanto in uno in quello di controllo. Da questi risultati gli autori concludevano che l’elevato livello di inquinamento atmosferico, a cui i bambini erano sottoposti vivendo vicino all’inceneritore, era associato ad un effetto nocivo sulla funzione dei polmoni. L’analisi di questo studio da parte del NRC (2000) ha dimostrato che le maggiori concentrazioni di sostanze inquinanti in atmosfera alterano la funzione polmonare dei bambini, ma non permettono direttamente di collegare il contributo degli inceneritori agli effetti osservati sulla salute rispetto ad altri fonti d’inquinamento. Negli Stati Uniti è diventata pratica comune usare rifiuti pericolosi come cocombustibile per ottenere alte temperature nel corso della lavorazione nelle fornaci di cemento. Uno studio condotto in alcuni cementifici che operavano a Midlothian, nel Texas, ha documentato un aumento statisticamente significativo dei sintomatologie respiratorie in un campione di residenti nelle vicinanze delle fornaci, rispetto ai residenti in zone più lontane (Legator et al. 1998). Le valutazioni del rischio basate sulle emissioni dell’inceneritore registrate nell’area tra il 1997/8 avevano riportato che non vi era alcun pericolo per la salute umana proveniente dai cementifici (vedi Legator et al. 1998). Inoltre, uno studio effettuato dal Dipartimento della Sanità nella regione, concludeva che:

“non si rilevano modelli coerenti di malattia o sintomi che possano essere indicativi  di… un problema sanitario derivato da una fonte comune tra le persone rispondenti  allo studio”.

Tuttavia, le analisi successive di entrambe le ricerche sopra riportate concludevano che c’erano state mancanze, difetti ed inadeguatezze nella metodologia utilizzata per gli studi. Da quel momento Legator et al. (1998) hanno condotto una ricerca che mirava ad identificare se l’esposizione dei residenti alle sostanze inquinanti emesse dai forni cementifici potesse risultare in effetti negativi sulla salute. È stato selezionato un campione casuale di 58 persone che vivevano nelle vicinanze degli inceneritori, a cui è stato sottoposto un questionario sul proprio stato di salute. I risultati sono stati confrontati a quelli di un gruppo di controllo composto di 54 persone che vivevano piuttosto lontano agli stessi impianti. Lo studio ha dimostrato che non si evidenziava alcun effetto negativo sulla salute, ad eccezione delle vie respiratorie. La popolazione che viveva vicino agli inceneritori riportava una maggiore frequenza di sintomi dell’apparato respiratorio (p = 0,002) rispetto al gruppo di controllo. Tutti i sintomi respiratori riportati nel questionario, come le malattie dei polmoni, l’asma, l’enfisema, la tosse persistente e le bronchiti, erano elevati ad eccezione soltanto della polmonite. L’indagine non è stata soggetta ad alcune delle limitazioni che potevano ostacolare gli studi di questa tipologia, quali le discordanze nell’analisi dei questionari. Inoltre, la popolazione di controllo era più anziana di quella esposta all’inceneritore e poiché le persone in età senile sono più sensibili alle sostanze chimiche è probabile che gli impatti sulla popolazione esposta siano stati sottovalutati. Lo studio concludeva che, in aggiunta alle informazioni preesistenti, i soggetti esposti ad inquinamento atmosferico prodotto dagli inceneritori presentavano un aumento della incidenza dei sintomi respiratori. 

Gray et al. (1994) hanno condotto uno studio sull’incidenza dell’asma tra due gruppi di bambini che vivevano nei pressi di inceneritori di fanghi civili a Sydney, in Australia. La patologia respiratoria è stata monitorata per mezzo di questionari e con l’ausilio di test fisiologici, inclusi gli esami sulla funzione dei polmoni. Lo studio non ha trovato effetti negativi sia sulla prevalenza o sulla gravità dell’asma nei bambini paragonati ad un gruppo di controllo di soggetti residenti in una regione diversa di Sydney. Inoltre, non sono state rilevate differenze nella funzione polmonari. Le misure di SOx, NOx, idrogeno solforato, ozono (O3) e di particolato non rilevavano differenze statisticamente significative tra l’inceneritore e le zone di controllo. Lo studio concludeva che le emissioni ad alta temperatura di inceneritori di fanghi civili non sembravano avere un effetto negativo sulla incidenza o sulla gravità dell’asma nei bambini. Uno studio effettuato negli Stati Uniti non ha registrato differenze significative nei livelli dell’inquinamento dell’aria dovuto al particolato o sullo stato di salute dell’apparato respiratorio nelle comunità residenti vicino a 3 inceneritori di rifiuti dal 1992 al 1994 (Shy et al. 1995). La ricerca è stata condotta nella Carolina del Nord su tre comunità che vivevano vicino ad un impianto di rifiuti urbani, uno per rifiuti pericolosi e l’altro per rifiuti sanitari ed ha considerato come gruppo di controllo tre comunità che vivevano a più di 3 km sopravento rispetto agli impianti. Lo studio ha monitorato contemporaneamente la qualità dell’aria nelle comunità e gli effetti sulle funzioni respiratorie negli individui. In totale, 6963 soggetti hanno partecipato ad un sondaggio telefonico sullo stato dell’apparato respiratorio nel corso di tre anni e 100-144 persone per comunità hanno partecipato ogni anno ai test sulla funzione polmonare. Shy et al. (1995) hanno riportato i risultati per il primo anno della durata triennale dell’indagine. Lo  studio non ha trovato differenze significative nella concentrazione del particolato (PM 10) nelle comunità vicine agli inceneritori rispetto a quelle di controllo. E’ stato calcolato che gli inceneritori dovessero contribuire per meno del 3% di particolato misurato nelle comunità, la rimanente parte doveva provenire da altre fonti di emissione presenti nella regione. Tuttavia, notevoli quantità di particolato di zinco, piombo e cloro sono stati trovati nelle comunità dell’inceneritore, dove i venti provenivano dalla direzione degli impianti di rifiuti sanitari e di quelli urbani.

Nella ricerca era sottolineato che se un componente chimico presente nelle emissioni dell’inceneritore può causare effetti sull’apparato respiratorio in una comunità esposta, le misure standard dell’inquinamento aereo possono non rilevare le differenze rilevanti nell’esposizione umana. Per quanto riguarda lo stato del sistema respiratorio, nello studio non sono state trovate differenze importanti nei sintomi registrati attraverso l’indagine telefonica tra i residenti vicino agli inceneritori e le comunità di controllo. Inoltre, i risultati della funzione polmonare desunti da questo studio negli anni 1992/1993, in aggiunta ad una successiva analisi più approfondita sulla funzionalità dei polmoni (Lee e Shy 1999), non hanno rilevato alcun rapporto tra questa ed i livelli di particolato nelle comunità (PM 10). Inoltre, non vi erano differenze evidenti nella funzione dei polmoni delle comunità esposte e quelle di confronto. Questo è in contrasto con gli studi precedenti che hanno riportato un aumento degli effetti sulla respirazione associato agli incrementi di PM 10 (vedi appendice A). I diversi risultati di questa indagine possono trovare una spiegazione nei livelli di particolato che erano relativamente bassi rispetto a quelli riscontrati negli studi precedenti e perciò gli effetti sulla funzione polmonare potrebbero essere stati di difficile rilevazione anche se erano presenti (Shy et al. 1995). Sebbene il suddetto studio (Shy et al. 1995) non abbia trovato una associazione tra i soggetti residenti vicino ai tre inceneritori sottoposti ad indagine e l’aumento dei sintomi respiratori acuti o cronici, è stato fatto notare che la ricerca presentava diversi limiti. Per esempio, il fumo di sigarette ed il maggior uso di riscaldamento al kerosene nelle case delle comunità di controllo poteva tendere a mascherare ogni effetti di moderata dimensione sul sistema respiratorio dei soggetti appartenenti alle comunità vicine agli inceneritori. Inoltre, uno dei problemi maggiori è stato quello di un’eventuale classificazione errata dell’esposizione alle sostanze inquinanti provenienti dagli inceneritori, poiché le diverse parti della comunità probabilmente erano esposte a livelli di inquinamento atmosferico diversi a causa della direzione prevalente del vento. È stato notato che ciò potrebbe orientare i risultati verso una assenza di effetti sulla respirazione. L’ulteriore analisi dei risultati sulla funzione polmonare eseguita da Lee e Shy (1999) ha anche rilevato una carenza di informazioni sulla esposizione individuale alle emissione dell’inceneritore. Gli autori commentavano che la mancanza di associazione tra il PM 10 e la funzione dell’apparato respiratorio in questa indagine doveva essere interpretata con cautela, poiché la stima dell’esposizione basata sul controllo dell’aria probabilmente portava ad un’errata classificazione dei veri livelli di esposizione.

3.2.5 GRAVIDANZA MULTIPLA

Ci sono risultati poco convincenti riportati nella letteratura scientifica circa un possibile aumento delle gravidanze multiple in prossimità degli inceneritori. Un primo studio (Lloyd et al. 1988) ha indagato i parti gemellari intorno a due impianti di rifiuti chimici in Scozia tra il 1976 e il 1983, in seguito ad alcuni rapporti aneddotici di un aumento di nascite gemellari tra il bestiame della zona . Per gli anni che vanno dal 1980 al 1983, lo studio ha rilevato che i casi maggiori di parti gemellari apparivano nelle aree più soggette ai rilasci degli inceneritori. I valori riferiti al 1980 erano statisticamente significativi. Allo stesso modo, valori elevati erano stati osservati anche nelle zone indicate come meno vulnerabili nel periodo dal 1976 al 1979. L’analisi dei risultati ha indicato che negli ultimi anni ‘70 ed i primi dell’80 è stato evidenziato un aumento di parti gemellari nella zona sottoposta ad indagine. Durante gli ultimi anni ‘70 e i primi anni ’80, si é riscontrato un drammatico aumento del tasso di parti gemellari tra il bestiame della zona. Lloyd et al. (1988) hanno proposto che l’aumento del tasso dei parti gemellari nel bestiame e tra gli uomini rispondeva all’ipotesi che l’inquinamento atmosferico dell’area poteva aver influenzato i parametri ostetrici delle popolazioni locali, sia tra gli uomini che tra gli animali. In ogni modo, non potendo essere eliminati e controllati tutti i fattori confondenti, gli autori, basandosi sui risultati, commentavano che sarebbe stato prematuro stabilire un legame causale tra l’inquinamento causato dagli inceneritori ed i casi di parto gemellare. Oltre all’aumento dei casi di parti gemellari tra il bestiame, gli allevatori della zona avevano riferito di altri effetti sul bestiame, come l’incremento delle anomalie, di casi d’animali nati morti e di decessi improvvisi. Uno studio successivo (Report di Lenihan), in ogni modo, non ha trovato un legame tra le emissioni degli inceneritori ed i problemi legati al bestiame (citato in Petts 1992, Gatrell and Lovett 1989). Van Larebeke (2000) ha notato che i dati di uno studio realizzato in Belgio sull’impatto sanitario dell’incenerimento (di cui si discute più avanti, nella sezione 4.2.5) dimostravano che c’era un aumento statisticamente importante (2,6 volte) della probabilità di gravidanze multiple in una popolazione che viveva nelle vicinanze di due inceneritori di RSU. In un’altra indagine, tuttavia, i dati sui parti gemellari in Svezia tra il 1973 e 1990 non hanno mostrato una prova di gruppi consistenti di nascite gemellari in prossimità degli impianti (Rydhstroem 1998). Lo studio usava un metodo che poteva confrontare il numero di gravidanze gemellari sia prima che dopo il funzionamento di un inceneritore.

3.2.6 EFFETTI ORMONALI

Gli ormoni tiroidei nel sangue di bambini che vivono nelle città industriali ed agricole vicine all’inceneritore di Beibesheim, in Germania, sono stati messi a confronto con quelli di bambini residenti in un’area con simili caratteristiche ma senza un impianto di combustione e confrontati ancora con quelli di una seconda zona (Osius e Karmaus, 1998). L’inceneritore era autorizzato a bruciare materiali contaminati da PCB (Osius et al. 1999). Il primo studio del 1998 ha determinato la quantità degli ormoni tiroidei (tiroxina libera e triiodotironina libera) nei campioni ematici attinti da 671 bambini d’età tra 7 e 10 anni. I livelli della tiroxina libera (FT4) nel siero sanguigno e, ad un grado più basso, quelli della triiodotironina libera (FT4) erano dal punto di vista statistico significativamente più bassi nei bambini che vivevano nella zona in cui l’inceneritore era in attività. In questo gruppo é stato anche trovato che c’era una prevalenza più alta dei valori di FT3, al di sotto dei valori clinici di riferimento. Comunque i livelli medi di tireotropine che stimolano l’ormone (TSH), erano soltanto marginalmente diversi. Gli autori concludevano che i loro risultati, insieme a quelli di Holdke et al. (1998), (si veda sezione 3.1.1), suggerivano che i bambini esposti all’incenerimento dei rifiuti tossici nella zona esaminata, avevano nel sangue livelli più bassi dell’ormone tiroideo libero. Nello studio successivo del 1999, gli autori tentarono di mettere in correlazione i livelli di contaminanti nel sangue con il sistema altamente complesso degli ormoni della tiroide, che regolano lo sviluppo della funzione cerebrale e della crescita delle cellule. È stato trovato che l’aumento delle concentrazioni del congenere mono-orto PCB 118 nel sangue era associato, dal punto di vista statistico, ai valori più elevati di TSH. Gli alti livelli dei congeneri di PCB 138,153,180,183 e 187 erano collegati con i livelli ridotti di FT3 del sangue. Nessuna correlazione è stata trovata tra i congeneri PCB e FT4, sebbene le elevate concentrazioni ematiche di cadmio fossero state correlate ai maggiori livelli di TSH e minori concentrazioni di FT4. Gli autori concludevano che lo studio rafforzava l’ipotesi che il cadmio ed i PCB potessero avere un effetto dannoso sui livelli degli ormoni della tiroide. Data l’importanza di questo sistema ormonale durante la crescita e lo sviluppo dei bambini, gli autori suggerivano la necessità di ulteriori indagini per analizzare gli impatti di questi inquinanti sugli ormoni tiroidei in gruppi di età diversa e l’importanza di considerare lo sviluppo neurologico come una componente di questi studi.

4. CONTAMINAZIONE DELL’AMBIENTE

4.1 Rilasci intenzionali e fuoriuscite occasionali dagli inceneritori

I rifiuti prodotti dall’incenerimento sotto forma di gas uscenti dal camino, ceneri volanti, ceneri di fondo/scorie, acque di lavaggio, incrostazioni dei filtri dalle acque di lavaggio ecc. sono dispersi intenzionalmente o comunque rilasciati nell’ambiente,portando con sé le diverse sostanze inquinanti formate, o ricombinate, durante il processo di incenerimento. Alcuni prodotti della combustione, che derivano dai rifiuti effettivamente bruciati, sono rilasciati anche non intenzionalmente come emissioni occasionali. Un’importante differenza tra i due tipi di emissione, le fuoriuscite previste e quelle occasionali, è il grado di controllo e di sorveglianza a cui esse sono soggette in base alla normativa. Sembrerebbe quindi che le fuoriuscite dal camino siano quelle più altamente regolate tra le emissioni previste dagli inceneritori. La caratterizzazione ed il controllo delle altre emissioni intenzionali sono, ad essere ottimisti, scarsi. Le emissioni occasionali sono vapori o particelle che fuoriescono durante lo scarico ed il carico dei rifiuti, durante l’incenerimento ed il trattamento delle ceneri. Per esempio, le polveri che fuoriescono occasionalmente possono provenire dai raccoglitori delle polveri di fondo e dai serbatoi delle ceneri volanti; oppure durante il processo di trasferimento di queste ceneri verso i mezzi di trasporto e durante il trasferimento dai mezzi di trasporto ai depositi finali, come le discariche. Queste polveri, in particolare le ceneri volanti provenienti dai dispositivi di abbattimento del particolato inquinante, sono ricche di metalli tossici e contengono materiale organico condensato (NRC 2000). Negli impianti d’incenerimento dei rifiuti pericolosi allo stato liquido, le fuoriuscite occasionali sono rilasciate come vapori, dai serbatoi di sfiato dei rifiuti liquidi, dalle guarnizioni delle pompe e dalle valvole. Per quanto riguarda i rifiuti solidi, le emissioni occasionali fuoriescono come polveri durante il trattamento dei materiali solidi e durante il trattamento ed il trasporto delle ceneri volanti catturate dai dispositivi di abbattimento degli inquinanti dell’aria. Negli inceneritori a forno rotante, anche le guarnizioni ad alta temperatura sono una fonte potenziale di emissioni di vapore e di polvere (NRC 2000). Le emissioni occasionali possono essere minimizzate progettando gli impianti in modo da generare all’interno una pressione negativa, così che l’aria sia aspirata dalle zone dove vengono trattati ed immagazzinati i rifiuti che devono essere bruciati nonchè le ceneri prodotte dall’inceneritore. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche nota:

“Sebbene alcuni impianti abbiano sistemi di rimozione delle ceneri a chiusura parziale, pochi hanno sistemi di trattamento delle ceneri a chiusura ermetica in tutto l’impianto.”

Le emissioni occasionali che fuoriescono al livello del terreno, possono aver un impatto sull’ambiente circostante ben più grande di quello delle emissioni rilasciate in aria dal camino dell’inceneritore. Il modello di dispersione sia delle emissioni occasionali che dei rilasci attraverso il camino dipende da un numero potenzialmente infinito di variabili, per esempio, il tipo di terreno, la presenza di strutture vicine o di alberi, la direzione e la velocità del vento, le condizioni meteoriche, l’umidità relativa e le interazioni tra questi fattori.

4.2 Studi sulla contaminazione ambientale

Le sostanze inquinanti immesse in atmosfera dal camino dell’inceneritore, come pure le emissioni occasionali, possono depositarsi sul terreno vicino all’impianto e così contaminare l’ambiente locale. Alcune sostanze inquinanti incluse le polveri sottili PM10 ed i composti organici volatili e semi-volatili, come le diossine ed i PCB, possono anche essere trasportate a grandi distanze dalle correnti d’aria. Per esempio, Lorber et al. (1998) valutarono che soltanto il 2% delle emissioni di diossine si deposita sul suolo vicino all’inceneritore mentre il rimanente é disperso su un raggio molto più ampio. Molte ricerche sulla contaminazione dell’ambiente nelle vicinanze degli inceneritori si sono focalizzate sulle diossine e sui metalli pesanti, ignorando la maggior parte degli altri inquinanti. Gli studi dimostrano che il terreno e la vegetazione vicino agli inceneritori possono essere contaminati con i rilasci di diossine e dei metalli pesanti a livelli al di sopra delle concentrazioni normali dell’ambiente. Di conseguenza c’é possibilità di contaminazione per la produzione agricola, come i raccolti. Anche il bestiame può assimilare sostanze inquinanti attraverso una dieta a base di vegetazione contaminata, o cresciuta su suolo contaminato. In alcuni esempi questo ha portato a vietare la vendita del latte di mucca, a causa di livelli inaccettabilmente alti di diossine e si é raccomandato di evitare il consumo di uova e di pollame. Questa sessione illustra gli studi sui livelli delle diossine e dei metalli pesanti che si trovano nel suolo e nella vegetazione nelle vicinanze degli inceneritori, effettuati sia negli anni passati, sia più recentemente. Sono trattati anche i livelli trovati nel latte delle mucche. Considerando il potenziale di contaminazione dei prodotti agricoli di tutti i tipi, la ricerca a questo proposito é molto limitata.

4.2.1 SUOLO E VEGETAZIONE

La ricerca ha dimostrato che il terreno e la vegetazione possono essere usati come indicatori adatti per monitorare la contaminazione che deriva dalla deposizione di diossine e metalli pesanti emessi in atmosfera (vedi Schuhmacher et al. 1999a, Schuhmacher et al. 1997a, Gutenman et al. 1992). I livelli di diossine nei terreni sono stati ampiamente usati per descrivere l’esposizione a lungo termine a queste sostanze chimiche. D’altra parte, la vegetazione é l’indice più rappresentativo per l’esposizione a breve termine alle diossine (Schuhmacher et al. 1999b). Per quanto riguarda la vegetazione, le diossine ed i metalli pesanti possono semplicemente depositarsi sulla superficie delle foglie o essere presenti sulle particelle del suolo. Inoltre i metalli possono penetrare nelle foglie attraverso piccoli pori presenti sulla loro superficie (stomi) ed essere assimilati dalle radici nelle piante legnose (vedi Bache et al. 1992). In ogni modo, non sembra che le diossine siano assorbite dal sistema radicale delle piante (Hulster e Marschner 1992).

4.2.2 IL LATTE DI MUCCA

Il bestiame che pascola in aree soggette alla deposizione di sostanze inquinanti presenti in aria, come le diossine, può ingerire questi composti a seguito della loro deposizione sulla vegetazione e sul terreno. Le diossine possono poi conseguentemente passare nel latte vaccino e, quindi, arrivare a contaminare l’uomo. Questo avviene perché il latte é la modalità predominante di espulsione di questi composti nelle mucche (Baldassarri et al. 1994). La ricerca condotta in diverse
zone di campagna durante gli anni novanta ha dimostrato la presenza di livelli elevati di diossine nel latte vaccino in fattorie situate vicino agli inceneritori. Uno studio effettuato nei Paesi Bassi dieci anni fa ha rilevato la presenza di alte concentrazioni di questi composti nel latte di mucca (fino a 13,5 pg I- TEQ /g grasso (ppt)). Questo ha condotto il governo olandese a considerare un limite massimo di concentrazione di diossine nel latte e prodotti derivati pari a 6 pg I-TEQ/g (grasso) (Liem et al. 1990). In seguito anche altri Paesi europei, come la Germania, l’Olanda e l’Austria (Ramos et al. 1997) hanno adottato questo valore limite. Una ricerca effettuata in Austria ha trovato livelli elevati di diossine nel latte di mucca prodotto in aziende vicine agli inceneritori (fino a 8,6 pg I-TEQ/g grasso) (MAFF 1997a). Nel Regno Unito, livelli eccezionalmente alti di questi composti (fino a 1,9 pg TEQ/g latte intero, equivalenti a 48 pg TEQ/g grasso) sono stati trovati nel latte proveniente da
zone limitrofe ad un impianto di rifiuti speciali all’interno dell’impianto chimico di Coalite, nel Derbyshire (MAFF 1992, EA 1997, Sandells et al. 1997). In seguito l’inceneritore é stato chiuso nel novembre 1991.

Studi più recenti hanno trovato altre evidenze sull’aumento delle concentrazioni di diossine nel latte vaccino, prodotto in aziende situate vicino ad impianti d’incenerimento. Per esempio, una indagine sul latte prodotto nel Regno Unito, tra il 1993 e il 1995, in aziende situate vicino a possibili fonti di diossine, ha rilevato che le aziende vicine a due degli otto siti d’incenerimento di RSU analizzati avevano livelli di queste sostanze nel latte, superiori al limite olandese, pari a 6,1 pg I- TEQ/g di grasso (MAFF 1997b). Nel 1995, il latte prodotto da una azienda vicina ad un impianto di rifiuti urbani a Bristol presentava un livello di diossina pari a 6,1 pg TEQ/g grasso, mentre il latte di aziende in prossimità di un inceneritore nel West Yorkshire aveva concentrazioni che andavano da 3,1 a 11 pg I-TEQ/g grasso. Un riesame delle aziende di quest’ultima zona, nel 1996, ha dimostrato che i livelli di diossine nel latte rimanevano alti (1,9-8,6 pg I-TEQ/g grasso). L’inceneritore é stato poi chiuso durante l’anno, per l’impossibilità di adeguarlo ai nuovi standard di controllo imposti per abbattere l’inquinamento. Un’indagine condotta in Svizzera sul latte di mucca, proveniente da aziende localizzate in zone rurali ed in aree più industrializzate, ha concluso che l’influenza degli inceneritori sui livelli di diossine nel latte prodotto localmente era chiaramente distinguibile (Schmid e Schlatter 1992). Allo stesso modo, una ricerca più recente effettuata in Spagna ha rilevato che il latte proveniente dalle aree rurali aveva livelli di diossine (1,3-2,47 pg I-TEQ/g grasso) più bassi di quelli riscontrati nel latte di una azienda situata nelle vicinanze di potenziali fonti di queste sostanze. Per quanto riguarda le fonti di diossine, é stato stabilito che un inceneritore di rifiuti produce effetti maggiori, tanto che i livelli più alti nel latte (3,32 pg I-TEQ/g grasso) sono stati rilevati in una azienda situata nelle sue vicinanze (Ramos et al. 1997).

5.1.1 COMPOSTI ORGANICI

Le diossine

I policloruri dibenzo-p-diossine (PCDD), e i policloruri dibenzofurani (PCDF) sono un gruppo di sostanze chimiche che comunemente sono denominate diossine. Ci sono più di 200 tipi congeneri (membri) del gruppo PCDD/F. Il congenere più noto e tossico é la 2,3,7,8-TCDD. È stato descritto come il composto chimico più tossico conosciuto dall’umanità ed é noto come un cancerogeno dell’uomo. Le diossine sono persistenti nell’ambiente, tossiche e bioaccumulative (si accumulano nei tessuti degli organismi viventi). Una descrizione più dettagliata degli impatti tossici di questi composti sulla salute viene data nell’appendice A. La tossicità dei diversi tipi di diossine e di furani varia di diversi ordini di grandezza. Poiché i dati analitici possono riportare 17 diversi congeneri, così come il totale dei gruppi omologhi (ad esempio tutti i congeneri che contengono lo stesso numero di atomi di cloro), é spesso necessario mettere insieme i dati così che i singoli campioni possano essere direttamente paragonati. Generalmente questo si ottiene esprimendo la somma delle diossine presenti come equivalenti tossici (TEQ) relativi al 2,3,7,8-TCDD. Il sistema TEQ più comune usato é il sistema internazionale degli equivalenti tossici (I-TEQ). Il sistema TEQ funziona assegnando al TCDD, il congenere più tossico, un fattore di equivalenza tossica (TEF) pari a 1. La tossicità di tutti gli altri congeneri é espressa relativamente a questo fattore, cosi che viene assegnato al TEF un valore tra 0 e 1. L’indice internazionale di tossicità equivalente  (I-TEQ) di un campione che contiene un insieme di diossine, è ottenuto moltiplicando la concentrazione d’ogni congenere per il suo TEF e sommando i risultati. Una considerazione importante per quanto riguarda le emissioni di diossine in aria, si fonda sul fatto che le normative riguardano soltanto le varietà clorurate. E’ noto da tempo che gli inceneritori generano ed emettono in quantità apprezzabili diossine bromurate e quelle miste cloro-bromurate (vedi Schwind et al. 1988). Queste sono considerate d’importanza equivalente alle diossine clorurate dal punto di vista tossicologico, perché producono una quantità simile d’impatti biologici a parità di concentrazioni molari (Weber e Greim 1997). Sebbene questi composti siano altamente persistenti se associati con le particelle di ceneri volanti, é stata posta poca attenzione sulla valutazione del loro impatto sanitario ed attualmente non ci sono obblighi per i gestori degli impianti di monitorare e controllare queste sostanze chimiche.

Tabella 5.3 Tracce di metalli rilasciate in atmosfera, dovute all’incenerimento di rifiuti nel mondo

inceneritori e salute

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