Nuova ricerca italiana: cellule killer contro il cancro

ricerca cancrodi Romina Malizia

Ultima sensazionale scoperta nell’ambito della ricerca scientifica per la lotta contro il cancro ed i tumori, in modo particolare la sperimentazione è stata concentrata sulla leucemia, ma come si evince dalle dichiarazioni: Il concetto potenzialmente vale per ogni tipo di tumore, «ma per ognuno bisognerà studiare e sviluppare un particolare sottotipo di linfociti T persistenti». Ancora troppe persone si ammalano e non ce la fanno a sopravvivere, che questa nuova scoperta sia davvero efficace.

http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/medicina/2016/02/16/da-ricerca-italiana-cellule-killer-contro-il-cancro_5302ba5f-eeaf-4da6-865e-f9e3d142219e.html

Da ricerca italiana cellule killer contro il cancro
Presentata a Washington dal San Raffaele, per stampa Gb è svolta

Un contributo della ricerca italiana nella scoperta di una terapia immuno-cellulare potrebbe rappresentare una svolta contro il ritorno del tumore. Lo studio presentato a Washington da tre ricercatori nel corso dell’incontro annuale dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), per la promozione della scienza e’ stato riportato con grande evidenza su diversi giornali britannici.

Il Times gli dedica l’apertura della prima pagina e sottolinea il ruolo cruciale di un team del San Raffaele di Milano, citando l’ematologa Chiara Bonini. Secondo il giornale dietro questo studio s’intravvede una svolta che anche alcuni “veterani nella lotta contro il cancro” giudicano “rivoluzionaria”. Si tratta di produrre “cellule killer T geneticamente elaborate“: una sorta di arma artificialmente prodotta dal sistema immunitario , in grado di “convivere con qualsiasi cancro nel sistema sanguigno” e contrastarlo.

http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2016/02/16/news/tumori_da_ricerca_italiana_cellule_killer_contro_il_cancro-133545187/?refresh_ce

Tumori, italiani ‘costruiscono’ cellule in grado di sconfiggere le leucemie e allontanare i rischi di ricaduta

Lo studio del San Raffaele di Milano, presentato a Washington, punta sui linfociti modificati geneticamente e trasformati in un’armata anti-cancro. Non solo: conservando per anni la ‘memoria’ della cura, queste cellule sarebbero anche una sorta di vaccino che impedisce alla malattia di ripresentarsi. Chiara Bonini: “Ora abbiamo alte probabilità di creare un medicinale che potrebbe ridurre la probabilità di recidiva” – di VALERIA PINI

LONDRA – Una terapia anti-cancro che potrebbe non solo sconfiggere la malattia, ma anche impedire che si ripresenti per anni, in maniera simile a quanto fa un vaccino. Se i primi risultati saranno confermati, porterà una rivoluzione lo studio firmato Irccs ospedale San Raffaele e università Vita-Salute San Raffaele, presentato a Washington in occasione del meeting annuale dell’American association for the advancement of Science (Aaas) e già pubblicato su ‘Science Translational Medicine’.

‘Soldati del sistema immunitario’. La ricerca si è concentrata sulle leucemie, ma gli esperti sono convinti che potrà essere applicata anche ad altre forme di cancro. L’obiettivo degli studiosi italiani per questo lavoro era selezionare dei ‘soldati scelti’ dal sistema immunitario, modificarli geneticamente in modo da trasformarli in laboratorio in un’armata di superkiller, in grado di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule tumorali. “Ci siamo riusciti – assicura Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele – . Negli ultimi 15 anni non ho visto tassi di remissione così alti in test clinici. Abbiamo individuato quali sono i linfociti con le maggiori probabilità di riuscire in questa impresa. Si tratta di cellule che costituiscono una specie di ‘farmaco vivente’. Abbiamo alte probabilità di creare un medicinale che potrebbe ridurre la probabilità di recidiva del cancro”.

Memory stem T cells. Nel loro lavoro i ricercatori hanno seguito 10 pazienti, all’epoca affetti da leucemia acuta, che avevano ricevuto a partire dal 2000 il trapianto di midollo osseo da donatore familiare parzialmente compatibile. La sperimentazione prevedeva l’infusione di linfociti T del donatore, modificati geneticamente con il gene “suicida” TK, con l’obiettivo di fornire ai pazienti un nuovo sistema immunitario, capace di combattere la leucemia e di difenderli dalle infezioni, e suscettibile di essere controllato selettivamente nel caso di complicanze.

La memoria immunologica. A distanza di anni da trapianto e terapia genica, i parametri immunologici sono risultati uguali a quelli di persone sane e di pari età. Davanti a questo primo esito positivo, il passo successivo è stato identificare quali cellule del sistema immunitario resistessero maggiormente nel tempo, andando a verificare quali di esse si ritrovavano dopo anni. A essere ‘promosse’, per la loro persistenza fino a 14 anni, sono state le memory stem T cells. “Se vogliamo che la risposta perduri nel tempo – spiega Chiara Boninioccorre utilizzare cellule del sistema immunitario che abbiano le qualità per resistere, e nello studio abbiamo identificato i sottotipi con queste caratteristiche: sono le ‘memory stem T cells’ o staminali della memoria immunologica. Ogni linfocita T – prosegue Bonini – riconosce un antigene specifico su un’altra cellula, che sia un virus dell’influenza o della varicella, o un qualunque altro agente patogeno. Nel nostro organismo ci sono poi i linfociti T che riconoscono le cellule tumorali, ma sono molto rari, mentre un paziente ha bisogno di averne molti. Il nostro compito è proprio questo: somministrargli un esercito di linfociti T anticancro costruito da noi”.

L’obiettivo. Per arrivare all’obiettivo finale, spiega Bonini, ci sono due strade possibili: “La prima è armare i linfociti T usando i recettori Car, che nelle leucemie acute hanno fatto la differenza producendo risposte cliniche un tempo impensabili – ricorda Bonini – . Questi recettori, però, riconoscono solo strutture che si trovano sulla superficie esterna della cellula tumorale-bersaglio. Se l’antigene è all’interno, Car non lo vede”. I ricercatori italiani hanno dunque percorso anche la seconda via: “E’ quella di usare il recettore Tcr, naturalmente presente nei linfociti T e in grado di colpire anche un antigene interno alla cellule bersaglio – spiega Chiara Bonini -. Attraverso una particolare tecnologia di editing genetico, usando cioè una ‘forbice molecolare’, andiamo prima a eliminare il Tcr proprio del linfocita. E una volta che lo abbiamo spogliato, mettiamo sul linfocita nudo il Tcr che vogliamo noi: un ‘Tcr anticancro’ che armi il soldato contro la malattia”.

L’altro studio negli Usa. Negli Stati Uniti un altro studio, appena presentato all’American association for the advancement of Science, ha dato risultati positivi utilizzando i linfociti T per combattere una forma di leucemia particolarmente acuta. In questo caso è stato seguito un altro metodo, rispetto a quello scelto dai ricercatori del San Raffaele. Gli esperti del Fred Hutchinson Cancer Research Centre di Seattle hanno ‘armato’ i linfociti T usando i recettori Car. In pratica hanno sperimentato un nuovo trattamento che consiste nell’iniettare nel paziente cellule del sistema immunitario geneticamente modificate per attaccare uno specifico tumore del sangue. Il 94 per cento dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, una grave forma di leucemia che può uccidere nel giro di pochi mesi, ha beneficiato della completa scomparsa dei sintomi.

http://salute.ilmessaggero.it/ricerca/san_raffaele_chiara_bonini_supercellule_leucemia-1555567.html

“San Raffaele”, Chiara Bonini: «Supercellule contro la leucemia, ecco come le abbiamo scoperte»

La ricerca scientifica italiana è sulle prime pagine dei giornali di mezzo mondo con la notizia di uno studio sull’immunoterapia dei tumori che potrebbe costituire una pietra miliare per la cura delle leucemie. Se ne stanno occupando giornali americani ed europei, fra cui Time, il Times, la Bbc-radio, il Guardian, l’Indipendent, il Telegraf e altri anche dalla Nuova Zelanda.

Protagonista è Chiara Bonini, vicedirettore della divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell’Ircss San Raffaele di Milano, che insieme a Fabio Ciceri, Direttore dell’ Ematologia e Trapianto di midollo osseo, ha coordinato uno studio con il quale è stato individuato nel sistema immunitario un tipo di cellula ‘memory stem T‘ capace di restare a lungo nell’ organismo. Questa cellula, se geneticamente modificata per indurla ad attaccare le cellule tumorali, potrebbe proteggere l’organismo per molto tempo, forse per tutta la vita.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicinr, del quale l’Ansa ha dato notizia il 10 dicembre scorso, è stato ora ripreso e riproposto in occasione della riunione annuale della American Association for the Advancement of Science (Aaas), una associazione legata alla rivista Science che ogni anno seleziona e propone alla stampa internazionale le tematiche più innovative. Proprio negli ultimi anni la ricerca contro il cancro ha trovato armi molto potenti nel sistema immunitario. E su questo tema nei giorni scorsi a Washington sono stati invitati a parlare tre relatori, uno americano e due europei, tra cui appunto Chiara Bonini. La scoperta della ricercatrice milanese, in particolare, viene giudicata rivoluzionaria da Aaas e dalla stampa internazionale. Nel loro studio clinico, i ricercatori del San Raffaele guidati da Chiara Bonini si sono concentrati su pazienti affetti da leucemia acuta che avevano ricevuto, a partire dall’anno 2000, un trapianto di midollo osseo da donatore familiare parzialmente compatibile. La sperimentazione prevedeva l’infusione di globuli bianchi del donatore, noti come ‘linfociti T’, modificati geneticamente al fine di poter fornire ai pazienti un nuovo sistema immunitario, capace di combattere la leucemia e difenderli dalle infezioni; e suscettibile di poter essere controllato nel caso di complicanze.

A distanza di anni, i ricercatori sono tornati su quei pazienti, verificando che i loro parametri immunologici fossero uguali a quelli di soggetti sani e di pari età, prima di andare ad indagare quali cellule modificate geneticamente avevano resistito nel tempo, e individuando così un sottotipo di linfociti T capace di espandersi e perdurare negli anni. Queste particolari cellule, chiamate memory stem T cells, opportunamente armate contro le cellule leucemiche potrebbero tenere in remissione la leucemia acuta a lungo – secondo i ricercatori – anche per tutta la vita.

L’INTERVISTA
È stata assediata per tutto il giorno da giornalisti di tutto il mondo, Chiara Bonini, la ricercatrice del San Raffaele reduce da una relazione, a Washington, in cui ha spiegato come il suo gruppo abbia scoperto nel sistema immunitario di pazienti curati per leucemia acuta un sottotipo di linfociti T capaci di perdurare a lungo, e che potrebbe essere ‘armatò per combattere la malattia. «Mi fa piacere che si parli molto di queste ricerche, anche a livello internazionale – spiega – perchè sono ricerche molto costose e servono forti investimenti per portarle avanti». Con i suoi studi ha dimostrato che è possibile armare le difese naturali contro la leucemia.

«La nostra ricerca parte dal 2000 – aggiunge – su pazienti affetti da leucemia acuta curati col trapianto di midollo e l’infusione di linfociti T del donatore modificati geneticamente in modo da renderli capaci di uccidere le cellule del tumore». Il concetto potenzialmente vale per ogni tipo di tumore, «ma per ognuno bisognerà studiare e sviluppare un particolare sottotipo di linfociti T persistenti». Il momento decisivo della ricerca è arrivato dopo anni. «Siamo andati a identificare negli stessi pazienti quali cellule del sistema immunitario avevano resistito nel tempo. Siamo partiti avvantaggiati, perchè i linfociti T erano stati modificati tramite la terapia genica ed era possibile quindi rintracciarli nei pazienti a distanza di tempo». «Ci siamo chiesti – spiega la ricercatrice – quale, tra tutti i sottotipi di linfociti T infusi in quei pazienti, 2-14 anni prima, fosse capace di persistere a lungo termine e abbiamo notato che le cellule più capaci di espandersi e di mantenersi a lungo sono le cellule definite ‘memory stem T’».

«Sapevamo da tempo – aggiunge Chiara Boniniche è possibile armare geneticamente i linfociti T in modo che riconoscano ed eliminino le cellule tumorali con precisione ed efficacia. Ma quelli finora prodotti, pur bravi ad uccidere le cellule tumorali, subito dopo morivano a loro volta, lasciando l’organismo indifeso. Grazie a questo studio, invece, possiamo supporre che se armiamo geneticamente la sottopopolazione di memory stem T cells, queste sopravviveranno a lungo nel paziente, contribuendo a mantenere in remissione la leucemia».

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