Esistono molti luoghi misteriosi ed esoterici di cui non conosciamo l’esistenza ed il significato intrinseco. Forse non riusciremo mai a scoprire l’effettivo utilizzo e valore di determinati monumenti, ma è giusto provare almeno a conoscerli.
Porta Alchemica
La Porta Alchemica, detta anche Porta Magica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli, è un monumento edificato tra il 1655 e il 1680 da Massimiliano Palombara marchese di Pietraforte (1614-1680) nella sua residenza, Villa Palombara, sita nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino nella posizione quasi corrispondente all’odierna Piazza Vittorio, dove oggi è stata collocata. La Porta Alchemica è l’unica sopravvissuta delle cinque porte di Villa Palombara, sull’arco della porta perduta sul lato opposto vi era un’iscrizione che permette di datarla al 1680, inoltre vi erano altre quattro iscrizioni perdute sui muri della palazzina all’interno della villa.
Gli alchimisti di Palazzo Riario
L’interesse del marchese Palombara per l’alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia, a Palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini) sulle pendici del colle Gianicolo oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Dopo che la regina si convertì al cattolicesimo, abdicò al trono di Svezia e passò gran parte del resto della sua vita esule a Roma, dal 1655 fino alla sua morte avvenuta nel 1689.
Cristina di Svezia era un’appassionata cultrice di alchimia e di scienza (fu istruita da Cartesio) e possedeva un avanzato laboratorio gestito dall’alchimista Pietro Antonio Bandiera. In Palazzo Riario nacque un’accademia a cui si collegano i nomi di personaggi illustri del Seicento come il medico esoterista Giuseppe Francesco Borri, di nobile famiglia milanese, l’stronomo Giovanni Cassini, l’alchimista Francesco Maria Santinelli, l’erudito Athanasius Kircher. Il marchese Palombara dedicò a Cristina di Svezia il suo poema rosacrociano “La Bugia” redatto nel 1656, e secondo una leggenda la stessa Porta Alchemica sarebbe stata edificata nel 1680 come celebrazione di una riuscita trasmutazione avvenuta nel laboratorio di palazzo Riario.
La leggenda
Secondo la leggenda, trasmessaci nel 1802 dall’erudito Francesco Girolamo Cancellieri, uno stibeum pellegrino fu ospitato nella villa per una notte. Il “pellegrino”, identificabile con l’alchimista Francesco Giustiniani Bono, dimorò per una notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l’oro, il mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma lasciò dietro alcune pagliuzze d’oro frutto di una riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale.
Il marchese fece incidere sulle cinque porte di Villa Palombara e sui muri della magione, il contenuto del manoscritto coi simboli e gli enigmi, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a decifrarli. Forse l’enigmatica carta potrebbe riferirsi, per concordanze storiche e geografiche e per il passaggio tra le mani di alcuni appartenenti al circolo alchemico di Villa Palombara, al misterioso manoscritto Voynich (http://brbl-dl.library.yale.edu/pdfgen/exportPDF.php?bibid=2002046&solrid=3519597), che faceva parte della collezione di testi alchemici appartenuti al re Rodolfo II di Boemia e donati da Cristina di Svezia al suo libraio Isaac Vossius, e finì nelle mani dell’erudito Athanasius Kircher, uno degli insegnanti del Borri nella scuola gesuitica.
La storia
Il Borri nel 1659 fu accusato dalla Santa Inquisizione di eresia e veneficio. Datosi alla fuga, dopo una vita avventurosa passata in varie città d’Europa dove esercitò la professione medica, fu arrestato e restò recluso a Roma nelle carceri di Castel Sant’Angelo tra il 1671 e il 1677. Quando gli fu concesso il regime della semilibertà dal 1678, riprese a frequentare il suo vecchio amico Massimiliano Palombara che lo ospitò nella sua villa negli anni successivi fino alla sua morte avvenuta nel 1680. Tra gli anni 1678 e 1680 Borri e Palombara fecero le iscrizioni enigmatiche, e di certo si sa che almeno una scritta della villa (quella sopra l’arco della porta in Via Merulana) risale al 1680.
Il Borri fu di nuovo recluso a Castel Sant’Angelo dal 1691 dove sarebbe morto nel 1695, eppure a soli tre anni dopo questa data risalirebbe la nascita presunta di uno dei più misteriosi personaggi del settecento: il Conte di San Germano, un leggendario alchimista che avrebbe trovato il segreto dell’elisir di lunga vita, e la cui esistenza si sovrappone in parte con quelle del mago Cagliostro che a sua volta dichiarava di essere vissuto due secoli. Il confronto tra i ritratti di Francesco Giuseppe Borri e del Conte di San Germano, pur separati da almeno un secolo, mostrano secondo alcuni lineamenti compatibili con quelli della stessa persona.
I simboli
I simboli incisi sulla porta alchemica possono essere rintracciati tra le illustrazioni dei libri di alchimia e filosofia esoterica che circolavano verso la seconda metà del Seicento, e che presumibilmente erano in possesso del marchese Palombara.
In particolare il disegno sul frontone della Porta Alchemica, con i due triangoli sovrapposti e le iscrizioni in latino, compare quasi esattamente uguale sul frontespizio del libro allegorico/alchemico Aureum Seculum Redivivum di Henricus Madatanus (pseudonimo di Adrian Von Mynsicht, 1603-1638). Il frontespizio dell’edizione originale del 1621 è molto diverso, infatti il disegno a cui si ispirò il Palombara compare esattamente solo nell’edizione postuma del 1677.
Sul frontone della porta alchemica è rappresentato in una patacca il Sigillo di Salomone circoscritto da un cerchio con iscrizioni in latino, con la punta superiore occupata da una croce collegata ad un cerchio interno e la punta inferiore dell’esagramma occupata da un oculus: il simbolo alchemico del sole e dell’oro. Il fregio rappresenta un simbolo della setta dei Rosa Croce rappresentato in molti testi del Seicento e compare forse per la prima volta sul frontespizio del libro Aureum Seculum Redivivum.
Il triangolo con l’oculus è molto simile ad un analogo simbolo di una piramide con la punta occhiuta, che compare sulle banconote statunitensi da un dollaro, fra l’altro accompagnato da una scritta in latino Novus Ordo Seclorum che richiama la scritta sul frontone Aureum Seculum Redivivum. La specifica piramide usata nel simbolo americano è tratta dalla Pyramidographia, un volume pubblicato nel 1646 a Londra da John Greaves (1602-1652) dopo un viaggio in Egitto, e pertanto è ipotizzabile un’ispirazione comune dall’immagine in questo testo sia del frontespizio del libro Aureum Seculum Redivivum, come anche del simbolo che compare sulla banconota statunitense. Tale simbologia fu adottata dalla setta degli Illuminati di Baviera, che nacque circa cento anni dopo la pubblicazione del testo esoterico in Germania del 1677. Sia la setta degli Illuminati sia la simbologia della banconota da un dollaro alimentano tutta una corrente di ipotesi sulla teoria del complotto.
I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Tale sequenza viene forse ripresa dal testo Commentatio de Pharmaco Catholico pubblicati nel Chymica Vannus del 1666. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per scendere dall’alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraico Ruach Elohim. La porta si deve quindi leggere come il monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimo verso il nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento.
Le epigrafi
Epigrafi scomparse della villa
VILLAE IANUAM TRANANDO RECLUDENS IÀSON OBTINET LOCUPLES VELLUS MEDEAE. 1680
Oltrepassando la porta di questa villa, lo scopritore Giasone (cioè il pellegrino alchimista) ottiene vello di Medea (oro) In gran copia 1680.
AQUA A QUA HORTI IRRIGANTUR NON EST AQUA A QUA HORTI ALUNTUR
L’acqua con la quale i giardini sono annaffiati non è acqua dalla quale sono alimentati.
CUM SOLO SOPHORUM LAPIS NON SALE ET DATUR SOLE SILE LUPIS
Accontentati (sile) del solo sale (cioè dei sapere) e del sole (cioè della ragione).
QUI POTENTI HODIE PECUNIA NATURAE ARCANA EMITUR SPURIA REVELAT NOBILITAS SED MORTEM NON LEGITIMA QUAERIT SAPIENTIA
Colui che svela gli arcani della natura al potente (alla persona influente) cerca da se stesso la morte.
HOC IN RUBE, CAELI RORE, FUSIS AEQUIS, PHYSIS AQUIS,
SOLUM FRACTUM, REDDIT FRUCTUM, DUM CUM SALE NITRI,
AC SOLE, SURGUNT FUMI SPARSI FIMI. ISTUD NEMUS, PARVUS
NUMUS, TENET FORMA SEMPER FIRMA, DUM SUNT ORTAE SINE
ARTE VITES, PYRA, ET POMA PURA. HABENS LACUM, PROPE,
LUCUM, UBI LUPUS NON, SED LUPUS SEPE LUDIT; DUM NON
LAEDIT MITES OVES, ATQUE AVES; CANIS CUSTOS INTER
CASTOS AGNOS FERAS MITTIT FORAS, ET EST AEGRI HUJUS
AGRI AER SOLUS VERA li SALUS, REPLENS HERBIS VIAS URBIS.
SULCI SATI DANT PRO SITI SCYPHOS VINI. [2] INTROVENI,
VIR NON VANUS. EXTRA VENUS. VOBIS, FURES, CLANDO FORES.
LABE LOTUS, BIBAS LAETUS MERI MARE, BACCHI MORE. INTER
UVAS, Sl VIS, OVAS, ET QUOD CUPIS, GRATIS CAPIS. TIBI PARO,
CORDE PURO, QUICQUID PUTAS, A ME PETAS. DANT HIC APES
CLARAS OPES DULCIS MELLIS, SEMPER MOLLIS. HIC IN SILVAE
UMBRA SALVE TU, QUI LUGES, NUNC SI LEGES NOTAS ISTAS,
STANS HIC AESTAS, VERA MISTA; FRONTE MOESTA NUNQUAM
FLERES, INTER FLORES SI MANERES, NEC MANARES INTER FLETUS,
DUM HIC FLATUS AURAE SPIRANT, UNDE SPERANT MESTAE
MENTES INTER MONTES, INTER COLLES, INTER GALLES, ET IN
VALLE HUJUS VILLAE, UBI VALLUS CLAUDIT VELLUS. [3] BONUM
OMEN, SEMPER AMEN ETIAM PETRAE DUM A PUTRE SURGUNT
PATRE, ITA NOTAS, HIC VIX NATUS, IN HAC PORTA, LUTO
PARTA, TEMPUS RIDET, BREVI RODET.
In questa villa dalla rugiada celeste, dai piani arati e dalle acque correnti, il suolo dissodato dà frutto; mentre che, nel salnitro e pel sole, dallo sparso letame s’alza fumo. Questo bosco, di poca entità, conserva sempre identico il suo aspetto; mentre sono nati spontaneamente i tralci delle viti, i peri e i meli sinceri. Vicino al lago v’e un boschetto, dove spesso scherza non già il lupo, ma la lepre; scherza senza offendere le miti pecorelle e gli uccelletti. Il cane custode de’ casti agnelli, mette in fuga le fiere; e la sola aria di questa campagna ridà la salute all’infermo. Questa tenuta riempie d’erbaggi le vie della città. I solchi coltivati danno, per la sete, coppe di vino. Entra, uomo modesto! Che Venere stia lontana! A voi, ladri, chiudo le porte. Bevi allegramente, a profusione, vino puro, a mo’ di Bacco. Gioisci (a stare) tra i vigneti e prendi liberamente ciò che più ti aggrada. A te preparo schiettamente quanto mi chiedi. Qui le api producono a dovizia dolce miele, sempre tenero. Salute a te, che piangi all’ombra della selva! Ora, se tu comprendessi questo, che qui l’estate é mista alla primavera, non piangeresti mestamente. Se tu restassi qui, in mezzo ai fiori, non staresti a piangere, perché qui spira l’effluvio dell’aria. Perciò le anime melanconiche sperano tra i monti, tra i colli, tra i sentieri e nella valle di questa villa, dove l’ovile recinge le pecore. Ti faccio buon augurio: Che sia sempre così! Ma tu, appena ti sarai levato, segna qui, su questa [soglia di] porta, che il fango (la malta) ha generata [la porta del casino], – perché le pietre (i minerali) nascono dalla putrefazione, – che il tempo scherza noncurantemente, ma che in brev’ora tutto distrugge.
Epigrafi sul rosone
TRIA SUNT MIRABILIA DEUS ET HOMO MATER ET VIRGO TRINUS ET UNUS
Tre son le cose mirabili: Dio e uomo, Madre e vergine, trino e uno.
CENTRUM IN TRIGONO CENTRI
Il centro (è) nel trigono del centro.
Epigrafi sull’architrave
רוח אלהים
(RUACH ELOHIM) Spirito divino
HORTI MAGICI INGRESSUM HESPERIUS CUSTODIT DRACO ET SINE ALCIDE COLCHICAS DELICIAS NON GUSTASSET IASON
Il drago esperio custodisce l’ingresso del magico giardino e, senza (la volontà di) Ercole, Giasone non potrebbe gustare le delizie della Colchide.
Epigrafi sulla soglia
SI SEDES NON IS
Il motto può essere letto da sinistra a destra (Se siedi non vai) e da destra a sinistra (Se non siedi vai).
EST OPUS OCCULTUM VERI SOPHI APERIRE TERRAM UT GERMINET SALUTEM PRO POPULO
È opera occulta del vero saggio aprire la terra, affinché germogli la salvezza per il popolo.
Epigrafi sullo stipite della porta
FILIUS NOSTER MORTUUS VIVIT REX AB IGNE REDIT ET CONIUGIO GAUDET OCCULTO
Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto.
SI FECERIS VOLARE TERRAM SUPER CAPUT TUUM EIUS PENNIS AQUAS TORRENTIUM CONVERTES IN PETRAM
Se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti.
DIAMETER SPHERAE THAU CIRCULI CRUX ORBIS NON ORBIS PROSUNT
Il diametro della sfera, il tau del circolo, la croce del globo non giovano ai ciechi.
QUANDO IN TUA DOMO NIGRI CORVI PARTURIENT ALBAS COLUMBAS TUNC VOCABERIS SAPIENS
Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente.
QUI SCIT COMBURERE AQUA ET LAVARE IGNE FACIT DE TERRA CAELUM ET DE CAELO TERRAM PRETIOSAM
Chi sa bruciare con l’acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa.
AZOT ET IGNIS DEALBANDO LATONAM VENIET SINE VESTE DIANA
Azoto e Fuoco: sbiancando Latona, verrà Diana senza veste
La posizione originaria
Oggi si può ammirare la Porta Alchemica nell’angolo settentrionale dei giardini all’interno di Piazza Vittorio Emanuele II. La sua posizione originaria si trovava a circa cinquanta metri verso l’incrocio di via Carlo Alberto con via di San Vito, lungo un muro perimetrale che fronteggiava la Strada Felice, con Villa Palombara situata tra le antiche Strada Felice e Strada Gregoriana (l’attuale via Merulana). La Strada Felice era un rettilineo fatto costruire da Papa Sisto V nel 1588, partiva da Trinità dei Monti passava per Santa Maria Maggiore e proseguiva fino a piazza Santa Croce in Gerusalemme.
Nel 1873 la Porta Magica fu smontata e ricostruita nel 1888 all’interno dei giardini di Piazza Vittorio, su un vecchio muro perimetrale della Chiesa di Sant’Eusebio, e accanto furono aggiunte due statue del dio Bes, che si trovavano in origine nei giardini del Palazzo del Quirinale.
http://roma.andreapollett.com/S1/romac20i.htm
La porta magica e il circolo alchemico di Villa Palombara
Piazza Vittorio Emanuele (per i locali, semplicemente piazza Vittorio) è una delle più vaste ed animate di Roma, situata nel cuore del quartiere Esquilino. Costruita e sistemata nelle forme attuali attorno al 1890, è racchiusa su tutti e quattro i lati da grandi palazzoni nello stile tipico del tardo XIX secolo e a livello della strada è contornata da una serie ininterrotta di arcate, affollate di negozi, molti dei quali gestiti da membri della numerosa comunità cinese. Al suo centro è un vasto giardino, alla cui estremità settentrionale si ergono le maestose ma decadenti rovine del ninfeo di Alessandro Severo (III secolo), comunemente noto col nome di Trofei di Mario, di cui si parla anche in Fontane,I parte pgina 1 ); queste vestigia ci ricordano l’antica storia del quartiere, popolato sin dal VII secolo a.C, dove nel corso dell’età imperiale diversi romani facoltosi possedevano ricche tenute suburbane, le quali beneficiavano della rete di condutture idriche che entravano a Roma seguendo il percorso delle vicine mura cittadine.
Molto poco degli antichi splendori sopravvisse al medioevo. Ma quando gli acquedotti furono restaurati, dal tardo Rinascimento all’età del Barocco, il quartiere Esquilino divenne nuovamente uno dei luoghi preferiti dove edificare grandi ville, come Villa Montalto, la vastissima tenuta di proprietà privata del papa Sisto V, scenograficamente decorata con fontane scolpite da artisti di fama (cfr. Fontane,III parte pagina 6 ).Verso la metà del ‘600, accanto alla suddetta tenuta, sorgeva Villa Palombara, di assai più modeste dimensioni, la cui posizione quasi corrispondeva all’area dell’attuale piazza Vittorio; apparteneva a Massimiliano Palombara (1614-1680), marchese di Pietraforte.
Villa Palombara, colorata in giallo, in una pianta del 1676; la freccia blu indica l’attuale collocazione della Porta Magica, mentre i punti blu mostrano l’estensione della moderna piazza Vittorio; la grande area bluastra a sinistra è Villa Montalto, appartenuta a Sisto V
Come vari altri esponenti di una piccola élite culturale, anche il marchese era affascinato dalle scienze esoteriche, alcune delle quali egli stesso praticava attivamente. I suoi mezzi economici e la sua posizione sociale gli permettevano di finanziare un certo numero di alchimisti. Nella sua villa si tenevano anche degli incontri, a cui prendevano parte importanti personaggi che condividevano i suoi stessi interessi, fra cui la regina Cristina di Svezia, che visse a Roma dopo aver abdicato, il noto astronomo Domenico Cassini, l’illustre studioso Padre Athanasius Kircher e altri. Massimiliano Palombara era un membro dei Rosacroce; questo era un un famoso ordine esoterico, il cui simbolo era la Rosa Croce. Era stato fondato per la prima volta nel 1407 da un occultista tedesco di nome Christian Rosenkreuz (il quale potrebbe non essere mai esistito), che aveva completato i suoi studi di occultismo in Terrasanta. L’ordine si era estinto nel ‘500, ma era stato successivamente rifondato agli inizi del XVII secolo.
La dottrina dei Rosacroce copriva svariati campi scientifici. Le sue pratiche, però, erano sempre impregnate di misticismo, ed erano basate sul concetto che solo gli adepti iniziati potevano avere accesso ai segreti di tali conoscenze, in ciò precorrendo la moderna massoneria. Pertanto Villa Palombara era provvista di una piccola dependance separata, probabilmente un laboratorio, dove avevano segretamente luogo i convegni e gli esperimenti alchemici, quasi come parte di un rituale. Un giovane medico ed alchimista milanese, Giuseppe Borri, che era stato espulso dal collegio di Gesuiti dove studiava per via del suo grande interesse per l’occultismo, venne a Roma e si unì al circolo di Villa Palombara.
Vuole la leggenda che Borri, finanziato dal marchese, conducesse numerosi esperimenti, facendo del suo meglio per trovare la mitica pietra filosofale che gli avrebbe permesso di trasformare la materia in oro. Ma una notte improvvisamente partì – ciò avvenne realmente, quando l’Inquisizione papale si mise sulle sue tracce – lasciandosi dietro un certo numero di pergamene su cui erano riportate complesse formule, che nessuno fu in grado di interpretare. Così Massimiliano Palombara le fece incidere sulla porta d’accesso del suo laboratorio (o, secondo un’altra versione, fu lo stesso Borri ad inciderle prima di partire). Purtroppo Villa Palombara fu completamente demolita nella seconda metà dell’800, quando fu edificato il nuovo quartiere.
L’unica minuscola parte che se ne salvò fu proprio il portale d’accesso alla dependance, quella che oggi viene detta Porta Magica di piazza Vittorio, sebbene Porta Alchemica sarebbe un nome più appropriato. Durante il XX secolo venne leggermente spostata dalla sua posizione originale e collocata alle spalle delle imponenti rovine del ninfeo, recintata con una cancellata metallica. Consiste in un piccolo portale, ora murato, contornato da uno stipite di pietra bianca ricoperto da simboli alchemici, ed affiancato da due bizzarre statue.
Sopra la porta è affisso un grosso disco ([1] nella figura a destra) con un doppio triangolo a forma di stella a sei punte del re Salomone, contornato dal motto [2] TRI SVNT MIRABILIA DEVS ET HOMO MATER ET VIRGO TRINVS ET VNVS, “tre sono le cose mirabili: Dio e l’uomo, la madre e la vergine, l’uno e il trino”. Un cerchio sormontato da una croce [3] è sovrapposto alla stella e reca un altro motto, CENTRVM IN TRIGONO CENTRI (“il centro è nel triangolo del centro”).
Nella parte più alta dello stipite, una scritta in ebraico [4] recita RUAH ELOHIM, “Spirito Divino”; subito sotto [5] vi è un riferimento mitologico a Giasone: HORTI MAGICI INGRESSVM HESPERIVS CVSTODIT DRACO ET SINE ALCIDE COLCHICAS DELICIAS NON GVSTASSET IASON (“il drago delle Esperidi custodisce l’ingresso dell’orto magico e senza Ercole Giasone non avrebbe assaggiato le delizie della Colchide”). Infatti gli alchimisti identificavano il Vello d’Oro cercato da Giasone nell’antico mito degli Argonauti con la pietra filosofale, l’obiettivo fondamentale dei loro studi.
I montanti dello stipite, [6] e [7], recano simboli dei pianeti (a ciascuno dei quali corrispondeva un dio ed un metallo) e motti in ordine alterno, dall’alto verso il basso, secondo questa sqequenza:
Saturno=Piombo
QVANDO IN TVA DOMO NIGRI CORVI
PARTVRIENT ALBAS COLVMBAS
TVNC VOCABERIS SAPIENS
“quando nella tua casa corvi neri, partoriranno bianche colombe, allora tu potrai dirti saggio”
Giove=Stagno
DIAMETER SPHAERAE
THAV CIRCVLI
CRVX ORBIS
NON ORBIS PROSVNT
“il diametro della sfera, il tau del cerchio, la croce del globo, ai ciechi non servono”
Marte=Ferro
ET LAVARE IGNE FACIT DE TERRA
CAELVM ET DE CAELO TERRAM PRETIOSAM
“chi sa ardere con l’acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa”
Venere=Rame
SI FECERIS VOLARE TERRAM SVPER CAPVT TVVM
EIVS PENNIS
AQVAS TORRENTVM CONVERTES IN PETRAM
“se farai volare la terra sopra la tua testa, con le sue penne (= i suoi vapori) trasformerai l’acqua dei torrenti in pietra”
Mercurio=Mercurio
AZOT ET IGNIS DEALBANDO
LATONAM VENIET
SINE VESTE DIANA
“sbiancando Latona col mercurio e col fuoco, Diana viene senza veste”
Sole=Apollo=Oro
REX AB IGNE REDIT ET CONIVGIO
GAVDET OCCVLTO
“il nostro figlio morto vive, ritorna re dal fuoco e gode dell’occulto accoppiamento”
Tutti i motti si rifanno agli ultimi due, il cui significato è: “purificando la materia (Latona) col mercurio e col fuoco, l’argento (Diana) si rivela” e “rinascendo dalle proprie ceneri (il figlio morto che vive, tornando dal fuoco come una fenice), lo spirito e la materia divengono un tutt’uno, come risultato delle nozze alchemiche, cioè l’unione di un principio naturale e del suo opposto (l’occulto accoppiamento)”.
La parte inferiore dello stipite [8] reca il simbolo della monade, l’unità fondamentale dell’essere e ancora un testo:
EST OPVS OCCVLTVM VERI SOPHI APERIRE TERRAM
VT GERMINET SALVTEM PRO POPVLO
“è l’opera segreta del vero saggio aprire la terra, affinché germini per la salvezza della gente”
Sulla faccia superiore della stessa pietra, cioè il gradino della porta [9] è inciso l’interessante motto SI SEDES NON IS, che si può leggere da sinistra verso destra, “se ti siedi non procedi”, ma anche da destra verso sinistra (SI NON SEDES IS), col significato opposto: “se non ti siedi procedi”; a prescindere dalla direzione, il principio racchiude l’insegnamento di perseverare nel proprio percorso.
L’iscrizione fa pensare che, oltre a dare fisicamente accesso allo speciale ambiente, la Porta Magica potrebbe aver rappresentato anche una soglia ideale che gli adepti simbolicamente oltrepassavano per raggiungere il più alto livello di purezza dell’anima, una condizione che, secondo i principi rosacrociani, era una condizione irrinunciabile per accedere ai segreti alchemici.
I personaggi che si ergono ad entrambi i lati della porta hanno l’aspetto di esseri deformi, dalle gambe corte e tozze e con un volto grottesco e barbuto. Eppure questi nani di grosse dimensioni raffigurano una vera divinità o semidivinità egizia, chiamata Bes. Nume tutelare della casa, della nascita e dell’infanzia nell’antico Egitto, Bes era conosciuto anche nella Roma imperiale, in quanto in epoca pre-cristiana diverse persone erano seguaci dei culti egiziani.
Tuttavia in origine le due statue non appartenevano a Villa Palombara. Furono rinvenute nei pressi del colle Quirinale, dove nell’antichità sorgeva un grande tempio dedicato alle due divinità egiziane Iside e Serapide; nel corso del tempo molte delle sue ricche decorazioni, fregi, piccoli obelischi, ecc. riaffiorarono e furono collocati in diversi punti della città. Nel 1888, durante i lavori per l’apertura di piazza Vittorio, anche queste statue furono trasferite dal loro sito d’origine alla Porta Magica, ai cui lati, da allora, sono sempre rimasti, quasi come guardiani di questo strano rudere.